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Blog religioso

Gestas e Dismas ovvero i ladroni sulla croce e il rapporto con la Salvezza

39 Unus autem de his, qui pendebant, latronibus blasphemabat eum dicens: “ Nonne tu es Christus? Salvum fac temetipsum et nos! ”. 
40 Respondens autem alter increpabat illum dicens: “ Neque tu times Deum, quod in eadem damnatione es? 
41 Et nos quidem iuste, nam digna factis recipimus! Hic vero nihil mali gessit ”. 
42 Et dicebat: “ Iesu, memento mei, cum veneris in regnum tuum ”. 
43 Et dixit illi: “ Amen dico tibi: Hodie mecum eris in paradiso”.


Il Vangelo di Luca, in questo famoso passaggio del capitolo 23, ci parla dei due ladroni.

La tradizione successiva darà anche un nome ai due: Gestas, il miscredente, e Dismas, il fedele-penitente.

Il primo, Gestas, dice:

"Nonne tu es, Christus? Salvus fac temetipsum et nos!"

Non sei tu, Cristo? Salvo fa te stesso e noi!


Se ci pensate, queste parole non sono poi tanto differenti da quelle di scherno pronunciate, sotto la croce, da parte dei capi del popolo, da parte dei Farisei, da parte dei Sadducei e da parte del popolo di Gerusalemme

35  “ Alios salvos fecit; se salvum faciat, si hic est Christus Dei electus! ”


o quello che ripetevano i militari


37 “Si tu es rex Iudaeorum, salvum te fac! ”.


Dico da parte, e mi sembra importante sottolinearlo, perché non tutti erano complici di quell'atto di ingiustizia che rimarrà nella storia: c'erano capi che credevano in Gesù, Farisei e Sadducei e Romani ed Ebrei che credevano in Gesù come Cristo, figlio di Dio!.

Perché allora riportare queste parole? Solo per sottolineare la differenza con quelle, successive, di Disma? Non credo!

Credo che innanzitutto bisogna notare che Luca scrive ai pagani, ai Romani e riporta le parole di Gestas con l'espressione greca Cristo e non ebraica Messia.

Che Gestas fosse greco? Che sia stata una volontà ispirata dell'evangelista?

Inoltre, bisognerà ricordare che qui c'è la questione fondamentale del Cristianesimo.

Gestas usa parole comuni, non si stacca dalla concezione utilitaristica-miracolistica del Messia e di Dio.

Gestas non compie neppure un atto di magnanimità "pretendendo" la salvezza.

Molti personaggi del Vangelo sono stati guariti e si sono salvati per un atteggiamento verso Gesù, per una disposizione verso Dio.

Atteggiamento e disposizione che Disma, invece, dimostra di avere.

Dunque, non solo e semplicemente uno è bravo e l'altro è cattivo. Non si liquida così la faccenda.

In Disma c'è il processo escatologico dell'incontro reale con Cristo:

peccato - pentimento - conversione - salvezza.


In Gestas c'è stato un processo troppo logico da divenire illogico:

peccato - tu salvi (è quasi tuo dovere salvarmi se puoi salvarmi) - salvezza.


Nessun salvatore salva una persona che non si vuole salvare.

Succede come nei film. Uno sta precipitando dalle rocce, un altro gli tende la mano.

Non deve essere quello che sta su che salva l'altro, ma quello in pericolo che trova la forza per salvarsi allungando, afferrando la mano del suo salvatore.

Poi, talvolta, è il salvatore che allunga il braccio e afferra l'amico. A volte. Pure chi vuole salvarsi deve muoversi. Chi vuole salvarsi deve essere attivo nella propria salvezza. E, soprattutto, un uomo in pericolo, una volta salvo per mano di un salvatore, deve divenire salvatore egli stesso di un prossimo in difficoltà.


Questo è Cristianesimo.


Solo così si potrà dire, con Disma, all'ultimo respiro, "Iesu, memento mei, cum veneris in regnum tuum!".



 

Confessione in occasione del trentatreesimo compleanno...

Oggi compio 33 anni.

La luna, in cielo, è scemata di poco. Solo ieri era luna piena.

Una confessione letteraria, in occasione di questo trentatreesimo compleanno, età di Gesù Cristo Nostro Signore, età da me sempre sognata, da ragazzo, e a cui lego molto del mio passato e quel futuro che mi sarà dato, il quale, a prescindere da quanto sarà so come sarà:

in cerca della verità, felice, sognatore e poetico.

A questo proposito, due progetti mi girano nella testa da anni e spero di potere trovare il coraggio per intingere il calamo nell'anima e scriverli.

Un grande progetto poetico che parli all'oggi, all'uomo d'oggi, il quale pare l'impoeticità fatta persona.

Un progetto prosaico, rivoluzionario.

L'uno e l'altro, io credo, avranno poca sorte nei miei anni, ma se vita brevis, ars longa...

Gesù, caro fratello, opera in me parte della Tua misericodia. E manda operai per la Tua messe, perché di lavoro ce n'è tanto...

:-)

 

ANNUS DOMINI MMXII - La Resurrezione spiegata da Gesù

Ieri sera, ascoltando una piccola porzione della predica di un sacerdote, intesi che i primi cinque libri della Bibbia (detti Torah) non parlano di resurrezione. E che i sadducei credevano ai primi cinque libri della Bibbia e non credevano, dunque, alla resurrezione.

Il primo a parlare di resurrezione è il profeta Daniele.

 

Bisogna, quindi, chiarire che il Giudaismo di duemila anni or sono era diviso in varie correnti (così come tutte le religioni in genere, comprese Cristianesimo e Islamismo in futuro).

 

Le correnti del Giudaismo, all'epoca, erano quelle dei:

Saddudei

Farisei

Esseni

eccetera eccetera...

Chi dava più importanza ad un aspetto, chi all'altro, erano correnti di pensiero che si proponevano di "estremizzare" i precetti religiosi della Bibbia, in una cornice storica non facile come la convivenza con un impero, quello romano, che era politeista, amorale e molto pratico (si veda nei Vangeli il dialogo tra i capi religiosi che accuseranno Gesù e Ponzio Pilato).

 

Gesù di Nazareth è l'unica voce fuori dal coro. Una voce fortissima, in grado di spiazzare ora gli appartenenti ad una corrente ora gli apparteneneti all'altra.

Gli si avvicineranno Farisei, Esseni, genti della Giudea e della Galilea ma persino donne di Tiro e uomini da oltre il Giordano. Lo vorrano incontrare re e procuratori, pretoriani e servi, esattori delle tasse, strozzini e prostitute.

Questa volta è la volta dei Sadducei, appunto.

Pagina di Vangelo straordinariamente bella, i Sadducei si avvicinano a Gesù per cogliere nelle sue parole qualche contraddizione.

Gli raccontano una storiella.

Si immagini che tutti, lì attorno, aspettavano che Egli parlasse.

La storiella è nota. Secondo la tradizione mosaica, se un uomo moriva la vedova doveva andare in sposa al fratello di lui.

Una donna sopravvisse a tutti e sette i fratelli che l'ebbero in moglie.

Domanda insidiosa: alla resurrezione (posto che i Sadducei, ricordo, non ci credevano) di chi sarà moglie quella donna?

 

 

La risposta di Gesù è ancora più nota:

in questo mondo si prende marito e si prende moglie, nell'altro mondo no!

Il risorto è uguale agli angeli!

(Lezione teologica)

Perché? Perché non si risorge esattamente come la tradizione popolare immaginava (e immagina) così come siamo, bensì si risorge in spirito(dal latino RESURGERE - sorgere di nuovo, diverso da RENASCERE - nascere di nuovo, che implicherebbe, forse, un nascere nuovamente nello stato in cui si è)

(Lezione filologica)

Infine, Gesù spiega che Dio non è Dio dei morti ma dei vivi, citando le Sacre Scritture, ovvero il luogo in cui Dio, parlando di sé a Mosé, disse:

 

Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.


Quindi cita proprio un passo della Torah, in cui credevano i Sadducei, per dimostrare loro in che errore fossero incappati.

Se Dio dice di sé a Mosé Io sono il Dio... vuol dire che Egli è!

Cioé che Dio è un eterno Presente!

E che alla presenza dell'eterno Presente sono presenti anche Abramo, Isacco e Giacobbe.

 

 

 





 

ANNUS DOMINI MMXIII - Il banchetto ideale

4 NOVEMBRE 2013

 

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 14,12-14.
Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. 
Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 
e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

---


Gesù, anche in questo passo del Vangelo, stravolge il sentire comune, il sentire medio della gente media...

Il suo è un invito ma al tempo stesso un deciso ammonimento a fare del nostro banchetto un momento di fratellanza universale, un momento di redenzione non per il povero o lo storpio o il zoppo o il cieco che benefichiamo ma per noi stessi, per noi che non abbiamo contraccambio ma facciamo il bene gratuitamente (gratuitamente avete avuto, gratuitamente donate).

La ricompensa alla risurrezione dei giusti è il momento della comunione con Dio. Gesù usa il futuro, per esprimere che il tempo della ricompensa è proiettata in un futuro fulgido in cui il credente vive e rivive continuamente del bene che ha compiuto in vita.

Questo breve episodio dice molto di Cristo e del Cristianesimo: che l'amore deve essere infinito ed anzi allungarsi a chi più necessita di amore. Questo genera l'amore, contagiare i più lontani, i più sitibondi.

 

E le parole di Gesù si collegano a quella parabola del padrone che, avendo invitato i suoi amici ad un banchetto e avendo questi sempre declinato i suoi inviti con una scusa prima e con un'altra poi, comandò ai suoi servi di andare per le strade e chiamare al suo banchetto chiunque incontrassero.

Così è successo col primo Cristianesimo, così con i Santi, così ancora oggi.

In mondo mondo in cui l'individualismo, il profitto personale sono il totem attorno a cui si fonda l'evanescente, pericolante e gretta vita di molti, riscoprire questa Parola è riscoprire la divinità di cui siamo capaci ogni volta che in noi batte un'ora di Sole infinito.


 

ANNUS DOMINI MMXIII - I superbi e gli umili

XXX Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

L'anno C è l'anno dedicato alla lettura del Vangelo secondo Luca.

I Cristiani, durante la celebrazione della messa, studiano e meditano le Sacre Scritture (comparando un libro dell'Antico Testamento PRIMA LETTURA, un passo dei Salmi di Davide e un passo dagli Atti degli Apostoli o dalle Lettere di San Paolo SECONDA LETTURA con il Vangelo), pregano con formule millenarie (CREDO - PADRE NOSTRO la sola preghiera trasmessa direttamente da Gesù Cristo Figlio di Dio agli Apostoli) e rivivono la Passione, morte e Resurrezione del Signore mangiano alla mensa dell'Ultima Cena il Pane di Vita, la Manna, il Corpo e il Sangue di quel Gesù che ci ha salvato per amore e che ci ha insegnato il miracolo di scoprirci fratelli.

Libro dell’Ecclesiastico 35,12-14.16-18.
Perché il Signore è giudice e non v'è presso di lui preferenza di persone. 
Non è parziale con nessuno contro il povero, anzi ascolta proprio la preghiera dell'oppresso. 
Non trascura la supplica dell'orfano né la vedova, quando si sfoga nel lamento. 
Chi venera Dio sarà accolto con benevolenza, la sua preghiera giungerà fino alle nubi. 
La preghiera dell'umile penetra le nubi, finché non sia arrivata, non si contenta; 
non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto, rendendo soddisfazione ai giusti e ristabilendo l'equità.

 


Salmi 34(33),2-3.17-18.19.23.
Benedirò il Signore in ogni tempo, 
sulla mia bocca sempre la sua lode. 
Io mi glorio nel Signore, 
ascoltino gli umili e si rallegrino. 

Il volto del Signore contro i malfattori, 
per cancellarne dalla terra il ricordo. 
Gridano e il Signore li ascolta, 
li salva da tutte le loro angosce. 

Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, 
egli salva gli spiriti affranti. 
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi, 
chi in lui si rifugia non sarà condannato. 



Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 4,6-8.16-18.
Carissimo, quanto a me, il mio sangue sta ormai per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. 
Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. 
Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione. 
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto contro di loro. 
Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e così fui liberato dalla bocca del leone. 
Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.



Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 18,9-14.
Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano.

Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 
Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

 

Fratelli e sorelle in Cristo Gesù,

oggi il Vangelo e le Scritture ci ricordano l'immensa differenza tra la virtù dell'umiltà e il vizio della vanità e della saccenza.

Questa battaglia si combatte in ognuno di noi ogni giorno, ogni ora e ci dice se siamo uomini e donne di fede e coraggio o se ci lasciamo facilmente vincere dall'egoismo, dalla superbia e dall'errore.

Ognuno, questa battaglia, la deve combattere e deve vincerla. Da solo e in comunità. Da solo ma con la presenza di Cristo nella preghiera e in comunità, quando il Signore ascolta meglio il nostro desiderio di elevarci a Lui.

Nella Prima Lettura, fratelli, sorelle, si dice "la preghiera dell'umile penetra le nubi". Ascoltate la potenza incredibile che un cuore umile ha, quella di superare distanze siderali per far giungere le proprie preghiere e la propria voce alla presenza dell'Altissimo. Gli umili, specie se poveri, ma gli umili tutti. Sant'Agostino ci ricorda che il Signore si oppone ai superbi ma agli umili fa grazia sia che siano ricchi che poveri: Dio guarda nell'intimo!

E così il Salmo famoso ci fa chiara questa lettura: "Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito". Feriamoci il cuore con l'umiltà, fratelli e sorelle, per essere perfetti come è perfetto il Padre Nostro.

 

Così saremo degni di capire la grande lezione di Cristo e di seguirlo. Come dice San Paolo nella famosissima espressione "ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede" combattiamo la battaglia con umiltà, affidando la nostra corsa al Signore, maturando con Lui la nostra fede.

E così saremo sempre come quel pubblicano che sa di avere peccato e offre sempre al Signore il suo cuore contrito e pentito, magari perché sa che per tre cose buone che ha fatto ne ha fatte due non buone, ha magari sprecato due occasioni di fare del bene. Perché anche perdere occasioni per fare del bene ci fanno essere dei pubblicani. E così tutti si sentiranno pubblicani, davanti al Signore, e nessuno mai è arrivato, si può sentire completo, nessuno sia il fariseo che ripudia gli altri e crede di sé stesso ciò che non è.

Siamo tutti insieme una sola cosa, Signore, peccatori che sempre offrono opere di bene e affidano la propria vita alla fecondità e misericordia del Padre che è nei cieli.

E così saremo salvati, e così saremo cristiani.

E Cristo ci libererà, ci salverà, ci resusciterà. Ora.


 
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