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Blog religioso

La Madonna dei Sette Veli

 

 

 

 

 

 

Per amore del mio popolo non tacerò... e il grande Cristianesimo di don Peppe Diana

 

Vent'anni. Tempus inesorabile fugit...

E il tempo, si sa, è come un fiume impetuoso che trascina con sé tutto, tanto che la vita umana, questo sole di Marzo fuori alle finestre, questo cuore che batte, questi uomini miei contemporanei, quest'epoca e questa Italia, tutto un giorno sarà passato.

Con questa prospettiva, l'uomo sta sulla Terra come creatura tra le creature e come miracolo in mezzo all'infinito dei mondi, con un corpo da nutrire e un'anima da liberare. E proprio due forze possenti e invincibili come l'amore e l la libertà di scelta fanno sì che l'uomo non sia una macchina o un calcolatore che 2+2 fa 4 ma è libero, è libero di scegliere che numero essere, che vita condurre, che cosa fare di sé e quale strada seguire.

Anche e soprattutto quando nasci alla fine degli anni '50 del secolo più atroce della storia umana (proprio perché il più scientifico e il più tecnologico...); specie quando nasci nel Mezzogiorno d'Italia, la cui storia è fonte di meraviglia e allo stesso tempo di incomprensione e violenza; specie quando nasci tra Napoli e Caserta, in una terra per troppo tempo abbandonata da alcuni per diventare feudo e rifugio di altri.

Questa terra ha un nome e un centro, Casal di Principe.

Forse la toponomastica, così regale, diciamo, forse la comoda posizione, forse l'ambiente difficile costituito da famiglie disagiate che hanno dovuto adattarsi da sé alla vita, ha reso possibile che Casal di Principe diventasse il centro di quel fenomeno che in tutto il mondo è conosciuto come camorra.

Lungaggini filologiche sulla distinzione tra mafia, 'ndrangheta e camorra sono utili alle genti del settore. Sia mafia che camorra che 'ndrangheta significano il Male e sono l'opposto del Bene, l'antitesi alla Volontà di Dio.

Molti allora insorgeranno dicendo, come sento spesso dire, "i camorristi pregano, i camorristi leggono la Bibbia, i camorristi si appoggiano alla Chiesa...".

E qui, davanti a questa accusa che è un'evidente dimostrazione di confusione, mi si permetterà di ribadire qualche nozione storico-epistemologica dell'animo umano e degli eventi.

Sin dalla creazione del mondo e sin dalla fondazione delle civiltà si deve fare una precisa distinzione tra il dire e il fare. Un antico adagio recita, infatti, tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare!

Così, se io sono vescovo ma penso alla ricchezza più che a predicare il Vangelo, sono veramente un vescovo? NO! Sarò uno che si traveste ogni giorni, per convenienza, per paura, per ...

Se io sono Primo Ministro ma penso a rubare i cavoli miei, sono veramente un Primo Ministro? Cioè, sono Primo Ministro perché ho il titolo o sono Primo Ministro perché, avendo il titolo, lo onoro, mi comporto in modo degno del titolo che ricopro?

E così si può dire del cristiano! Il che ridurrà pure ad un numero esiguo il grande concorso umano che "a voce" fa contare in miliardi i cristiani nel mondo, ma fa anche sì che si scindano i cristiani farisaici dai veri cristiani.

Cristiani farisaici non ne sono mancati, tra i Papi persino (per capirci), e non ne mancano. Cristiani veri, cristiani in fraternità con Cristo nemmeno, a Dio piacendo.

E uno di questi è nato proprio nel 1958, proprio nel Sud Italia, proprio tra Napoli e Caserta, a Casal di Principe.

Se dovessimo essere macchine dovremmo pensare: nato a Casal di Principe o è camorrista o è uno che ha paura della camorra e sta zitto.

Invece no! Invece io sto parlando di don Peppe Diana, di un prete di una piccola parrocchia di una malfamata cittadina meridionale che con la sua vita ha onorato l'amicizia con Cristo, la tunica talare, l'essere scout, l'essere cittadino, l'essere ultimo tra gli ultimi.

Don Peppe Diana, nato a Casal di Principe il 4 Luglio 1958, è stato un grande piccolo amico di Gesù di Nazareth non per il titolo ma per la vita che ha condotto.

 

 


E che vita ha condotto? Una vita libera, scelta da lui, non condizionata automaticamente e meccanicamente dall'ambiente in cui l'ha vissuta.

Chi non è meridionale potrà capire questo discorso, ma chi è meridionale potrà sentire dentro di sé questo discorso.

Il Mezzogiorno d'Italia è stato, in quegli anni come oggi, abbandonato dalla politica nazionale, lasciato DELIBERATAMENTE in mano ai cosiddetti clan.

Anche una cronistoria delle famiglie camorriste e dei delitti è più interesse del settore. Il sangue è rosso. Il sangue brucia. Il sangue chiama altro sangue, sempre. Se l'uomo, in millenni di civiltà, non avesse creato e prodotto tutta questa grandezza che noi vediamo attorno, non avesse usato la fantastica intelligenza che possiede e le immense risorse che gli sono state date, sarebbe come una qualsiasi delle specie animali del pianeta, le quali per lo più usano violenza e lotta per regolarsi all'interno delle loro cerchie. E non è neppure totalmente vero questo, poiché anche nel regno animale ci sono lodevoli eccezioni e fitti richiami a sentimenti di pietà e di amore provati anche dagli amici animali. Pure, per questo, i camorristi e i mafiosi in genere e i violenti sono coloro che, rinunciando alla grandezza umana di intelligenza e pietà, libertà e amore, usano odio e violenza quanto moltissimi animali.

Don Peppe Diana conosceva tutto questo. Conosceva il suo popolo, conosceva le famiglie camorriste, vedeva la prostrazione della gente, lasciata a marcire nell'ignoranza medievale dell'inevitabilità di soggiacere a quella violenza. Lasciata a marcire perché molti meridionali hanno sempre sognato il riscatto della propria terra, ma spesso hanno dovuto far prima a smettere di sognare piuttosto che a impegnarsi perché qualcosa cambiasse. Perché impegnarsi voleva dire opporsi al pizzo, alla prepotenza, alla violenza. Impegnarsi voleva dire prendersi cura di una debole piantina, fiaccata dal gelo dell'inverno e dalla piogge, proteggerla, zapparci attorno, sorvegliarla, per poi aspettare che in primavera risorgesse.

Pochi hanno avuto questa sconsiderata gioia di sognare. Don Peppe lo sapeva e, credendo in Dio, sentendosi libero, scelse la via della sconsiderata gioia!

Entrato in seminario ad Aversa nel 1968 va a studiare a Napoli. Dieci anni dopo entra nel gruppo degli Scout cattolici (Agesci) dove diviene caporeparto.

 


Insegna religione nelle scuola pubblica.

Nel 1982 diventa sacerdote.

Don Peppino Diana, allora, iniziò una personale battaglia culturale e morale contro la camorra. Cercò di recuperare ragazzi perduti, parla con famiglie che avevano rapporti con i clan (forse con le stesse famiglie dei clan).

Il suo impegno genera coraggio e speranza. La Speranza è il preludio dell'Amore e l'Amore è l'opposto della camorra.

Il suo impegno produsse vita, a far scaturire riflessioni, specie quando, proprio in mezzo alle faide che insanguinavano quella terra, don Peppe Diana, in accordo con altri parroci (ma poco seguito dalle alte gerarchie ecclesiastiche), ha letto e fatto leggere ovunque un documento scritto manu propria e che sarebbe passato alla storia: Per amore del mio popolo non tacerò!

 

Siamo preoccupati,

assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.

La Camorra

La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l'imprenditore più temerario; traffici illeciti per l'acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato.

Precise responsabilità politiche

È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l'infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d'intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L'inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l'inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l'Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.

Impegno dei cristiani

Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.

  • Il Profeta fa da sentinella: vede l'ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
  • Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
  • Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
  • Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)

Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.

NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO

Appello

Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”. Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26). Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”. »

(Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo - Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata - San Cipriano d'Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta - Villa Literno; M.S.S. Assunta - Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO))


(fonte: Wikipedia)

 

Questo documento faceva ammenda delle colpe individuali e collettive di tutta una terra. In particolare le colpe della Chiesa, assente ingiustificata e ingiustificabile, e dello Stato, volutamente assente.

Ribadire che quello che si vedeva non era né Cristianesimo né amore per la propria terra, l'amore per la propria terra è giustizia, uguaglianza, fratellanza, in altre parole Cristianesimo.

Questo atto di accusa e questa presa di coscienza, letta ai fedeli il giorno di Natale del 1991, ha scosso molti. Persino chi la propria coscienza l'aveva macchiata o messa a tacere.

Don Peppe non tace e non tacerà. Quell'atto, nel silenzio complice e colpevole dei più, veniva a definirsi come un ben pianificato progetto di rilancio culturale e sociale di Casal di Principe.

Cosa inaccettabile per la camorra.

La quale camorra decise di passare all'azione, alla violenza, more solito.

Armata la mano di qualche ragazzo, di quelli alla base della piramide che facevano il lavoro sporco, l'omicidio fu compiuto alle 7:20 del 19 Marzo 1994, nella sagrestia della Chiesa di San Nicola di Bari, a Casal di Principe, decreta la fine.

Il grilletto puntato contro quell'inerme, innocente, eroico sacerdote (e ogni cristiano dovrebbe essere eroico e sacerdote!) fu premuto per cinque volte.


Al funerale una marea di gente pianse quel sacerdote, la Speranza che accese e che rappresentò. Aveva sempre saputo di essere in pericolo, aveva ricevuto avvertimenti e minacce, le quali funzionavano spesso con altri che umanamente cedevano alla paura, ma con lui no! Con lui la minaccia non funzionò. Funzionò allora la pistola? Nemmeno! Nemmeno, se oggi, a vent'anni di distanza siamo qui a ricordarlo!

Tempus inesorabile fugit, ma Meminisse iuvabit.

Il tempo inesorabilmente fugge ma ricordarlo gioverà, diremmo, unendo due famose espressioni latine.

Non una fine ma un inizio, come aveva scritto don Peppe.

Anche Papa Giovanni Paolo II, nell'Angelus, lo ricordò. Sicuramente gli era già giunta notizia di don Peppe e del suo coraggio evangelico.

Di don Peppe come di don Puglisi come di tanti altri sacerdoti che, lontani dalla vita epulonica delle gerarchie ecclesiastiche, vissero vite luminose.


Il ricordo di don Peppe è qui con noi oggi e sempre.

Lo si deve, anche se in ritardo e dribblando vari tentativi di calunnia, all'impegno civile frutto di quel seme che don Peppe aveva gettato nel terreno buono. In quella visione pazza e visionaria di un uomo di  Chiesa vero che aveva visto terreno buono in tanto terreno roccioso.

 

Il Comitato don Peppe Diana è nato nel 2006.


La Rai sta dedicando una fiction in due puntate a don Peppe, intitolata come il suo scritto e interpretata dal napoletano Preziosi.

La riscoperta di don Peppe e del suo sacrificio, i libri, i film, l'attenzione che questo paladino della fede e della coscienza civile ha meritato si devono, però, per lo più a un altro martire dei giorni nostri, mai abbastanza celebrato come Roberto Saviano.

Anche a lui, un grazie che è una memoria viva di quel che sta facendo per il Napoletano, il Mezzogiorno, l'Italia e la civiltà umana tutta.

Ad maiora! In nomine Domini!

 

Gesù di Nazareth, film di Franco Zeffirelli

 

ANNUS DOMINI MMXIV - I DISCEPOLI, GLI APOSTOLI E GLI EVANGELISTI

Incontrare nella propria vita Gesù il Nazareno, Gesù il Cristo, Gesù il Figlio di Dio, è un'esperienza totale e inestinguibile.

Ti si radica dentro, mette radici, trasforma i tuoi pensieri e fa germogliare le tue azioni.

Ma chi può seguire Gesù? Di certo non tutti!

Sicuramente tutti coloro che hanno buona volontà.

E chi ha buona volontà?

Chi sfrutta i propri talenti e li moltiplica.


Se analiziamo la Sacra Scrittura, infatti, già i profeti di Dio sono, per tutto l'arco della storia di Israele o poco ascoltati o perseguiti. Eppure la loro buona volontà affonda sempre nel compito difficile di predicare il Regno di Dio.

Se leggiamo i Vangeli ci accorgiamo dei diversi modi di seguire Gesù.

Gesù all'inizio chiama a sé discepoli (le chiamate di Andrea, Giovanni, Giacomo, Filippo ecc...).

Solo in seguito a molte prove, a molti insegnamenti, a molto amore cresciuto insieme Gesù sceglie tra loro Dodici Apostoli (inviati).

 

I Dodici prescelti sono:

 

 

Andrea

 

 

 

Giovanni

 

Pietro

 

Giacomo il Maggiore

Filippo

 

Tommaso

Bartolomeo

Matteo

 

Giacomo di Alfeo o il Maggiore

Simone lo Zelota

Giuda di Giacomo (o Taddeo)

 

Questi sono coloro che, tra i discepoli, Gesù ha scelto come inviati.

Il dodicesimo, Giuda Iscariota, il traditore, sarà poi sostituito dopo la morte e Resurrezione del Maestro, da Mattia.


Questi Apostoli Gesù li ha scelti non per eleggerli né per premiarli, ma per poeticizzarli e responsabilizzarli.

1.Gli Apostoli sono poetici perché sono espressione della moltitudine, degli uomini, di tutti gli uomini.

San Pietro tradisce Gesù durante il di lui arresto;

San Tommaso è il miscredente, colui fermo alla materialità e sondabilità delle cose;

San Simone lo Zelota lo seguiva perché vedeva in lui la novità del riscatto del popolo ebraico contro i Romani;

San Matteo o Levi era un esattore delle tasse i quali, quando non disonesti, erano disprezzati e odiati dal popolo e quindi anche emarginati;

San Filippo o Natanaele era il cinico scettico e tronfio inquisitore del "E tu come mi conosci?" detto, bontà sua, davanti al Figlio di Dio;

Molte altre volte gli Apostoli si dimostreranno non degni di seguire il Maestro.

Quando parlavano di chi fra loro fosse più grande, quando non comprendevano i miracoli delle moltiplicazioni o quando hanno impedito ad uno non dei loro di fare del bene nel nome di Gesù...

Uomini. Gli Apostoli, tutti Santi, sono stati uomini, con passione, ideali, giorni tristi e gioiosi.

E quindi da questo si capisce come la nostra premessa NON TUTTI POSSONO SEGUIRE GESù, fosse sbagliata. Tutti possono seguire Gesù.

Persino gli imbroglioni, gli omicidi, gli scettici e i materialisti...

Tutti, pentendosi, possono ritrovare il Sole dell'Inizio.

Peccare, pentirsi, cambiare vita, rivivere da convertiti: questo è il Cristianesimo!



2. Li ha responsabilizzati. Cioè ha affidato loro un tesoro inestimabile, il Vangelo, ed essi hanno trovato in sé una forza nuova, una grandissima e bellissima piacevolezza nell'offrirsi totalmente al compito e nel vestire i panni del martirio in tutte le terre del Mediterraneo.


Apostoli, in definitiva, ce ne sono ancora oggi. Silenziosi, laboriosi, amorevoli, confidanti nel Padre Eterno, amici fraterni di Gesù Cristo, essi asciugano le lacrime dei piangenti e portano il Vangelo dove il Vangelo non c'è o dove viene osteggiato.

Quella degli Apostoli è una storia in continua reinterpretazione.



 

Shoah, una tragedia da illuminare alla fiamma del ricordo

(Dedicato ai miei ragazzi, perché in questi tempi tanto oscuri capiscano presto i valori più importanti della vita, scorgano la luce e si impegnino per un mondo migliore!)


La Shoah

Shoah significa in ebraico distruzione, catastrofe.

Olocausto, invece, indica il sacrificio rituale di animali che gli Ebrei (e tutti i popoli antichi) compivano al Tempio.

Con Shoah e/o Olocausto ci si riferisce alla più sanguinosa, crudele e criminale pagina della Storia dell'umanità, avvenuta tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta e che vide la morte di 6 milioni di "Ebrei". Vedremo come sotto il nome di "ebrei" troviamo una delle più disastrose incomprensioni della Storia.


Anzitutto, bisogna affermare che l'antisemitismo (odio verso i semiti, cioé il popolo "ebraico", è antico e viene dalle lotte nella Palestina del 1800 a.C., ai tempi di Mosé e Giosué), quando, cioé, gli Ebrei tornano dall'Egitto nella loro terra.

Poco dopo la morte e resurrezione di GESù CRISTO, ebreo, nato da ebrei, vissuto tra gli Ebrei come uno di loro, anche se di saggezza, facoltà e amore da Figlio di Dio, il Tempio di Gerusalemme è stato distrutto e con esso l'intera città e gli Ebrei, dal 70 d.C. non hanno più avuto una patria e si sono dovuti allontanare nelle regioni limitrofe.

La DIASPORA è stata, per loro, sempre motivo di malinconia e rimpianto.

Da allora, gli Ebrei sono diventati italiani, francesi, tedeschi in base a dove avevano scelto di vivere (o dove erano stati accettati).


Pure, con il rafforzamento del potere e del prestigio della Chiesa (una Chiesa che passato i primi secoli di martirio era divenuta potere politico), l'antisemitismo si è alimentato dell'accusa di deicidio e ha fatto in modo, soprattutto nei momenti più oscuri del Medioevo, di dare la caccia agli Ebrei.

La prima comunità stabile di appartenenti a questo popolo si radunò, però, solo attorno all'anno 1000 a Venezia, in un quartiere denominato GHETO.

Per tutti i secoli avvenire essi saranno concentrati in zone della città a loro dedicate che, nel corso del tempo, saranno murate e alle quali si accederà per cancelli che di notte venivano chiusi. Come nella città del Papa, Roma, a cui Giuseppe Gioacchino Belli dedica tanta e così ironica testimonianza.


Fino a quando, nell'Ottocento, con l'affaire Dreyfus (1894, uno dei tantissimi casi nei secoli rincorsisi) non si è giunti alla figuraccia che testimoniava la gratuità e pretestuosità di certi atteggiamenti discriminatori nei confronti degli Ebrei.


Proprio in seguito alla consapevolezza di un ebreo in particolare, Theodor Herzl, avvocato che pubblicò il Der Judenstaat (Lo Stato ebraico, 1896), si fondò il Movimento sionista (1897) di cui egli stesso divenne Presidente. Il Sionismo è la corrente di pensiero che rivendicava agli Ebrei il ritorno ad avere una patria, patria che doveva essere necessariamente la terra da cui, milleottocento anni prima, essi erano stati cacciati.


Pure l'antisemitismo era un comodo casus belli per sfogare la frustrazione dei popoli per quelle democrazie traballanti che in Italia e in altre nazioni europee non riuscivano a tenere testa ai tempi.


Un nuovo momento in cui la Storia concentrò l'odio verso gli Ebrei furono, quindi, gli anni Trenta. Nel 1938, più precisamente. In una notte di quell'anno, in particolare.

La famigerata Notte dei cristalli, quando si distrussero, incendiarono e rovinarono migliaia di negozi gestiti di ebrei in tutta la Germania. Era la notte tra il 9 Novembre e il 10 Novembre 1938, appunto.


Quel fatto grave era solo il preambolo di quel che sarebbe avvenuto. L'orribile crimine della Shoah fu un progetto senza alcuna giustificazione, senza alcun senso, senza alcun fondamento. E questo "senza" rende l'azione, ogni azione, un'azione criminale.

Certo, la giustificazione, all'epoca, era stata trovata con l'assurda accusa di complotto attraverso il quale gli Ebrei (i più ricchi al mondo) avrebbe dominato il mondo intero (progetto stranamente imputabile - con ragioni storiche inoppugnabil- proprio a quei Nazisti che facevano del proprio motto "Deutschland uber alles" un vanto!).

Certo, il senso si trovò nell'incameramento dei beni (immobili, mobili, artistici, eccetera) degli ebrei di Germania.

Certo, il fondamento sarebbe stato, nella pubblicistica ufficiale, un mondo più pulito (fatto aberrante se si crede che per "ripulire il mondo" - operazione già concettualmente difficile da immaginare - si crede di doverlo fare sterminando un intero popolo).

Già i vari interventisti ante Prima Guerra Mondiale avevano asserito che la guerra fosse la "sola igiene del mondo", al contrario della voce del Papa che scriveva trepidante di fermare "l'inutile strage".


Pure, arriviamo al punto: la Soluzione finale era il piano per distruggere e cancellare dalla faccia della Terra il popolo ebraico.

Gli errori storici commessi sono parecchi:

  1. in primis, un errore incredibile: si legga la prima pagina del Corriere della Sera dell'11 Novembre 1938 (stranamente subito dopo i fatti della Notte dei Cristalli).

Le leggi per la difesa della razza... titola il quotidiano, il quale aggiunge Sommario che, all'interno si tratterà de "la definizione di "ebreo".

Si parla prima di RAZZA e poi di EBREO.

Tutti sanno che:

ISRAELE indica lo Stato (come dire ITALIA);

ISRAELITA equivale ad "appartenente allo Stato di Israele";

EBREO indica la fede (sta a dire CRISTIANO, MUSULMANO);


Può esistere, dunque, una razza ebraica?

Esiste una razza cristiana? Una razza musulmana?

Corriere della Sera.

Con tutta la cultura dell'epoca.

Pensiero dominante.


Un errore storico, antologico (di comprensione dei testi, roba da scuola media di oggi).

 

Riprova di quanto detto sono:

a) il fatto che Ebrei non avevano uno Stato da 1800 anni e per 1800 si sono integrati nelle culture dei popoli che li hanno accolti (bravi mercanti come loro, dove trovarli?) e si sono mischiati (matrimoni misti non erano consueti ma ci sono stati), hanno mischiato il proprio sangue con quello altrui;

b) il fatto che ...


 



 
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