Lettera alla Rai di un telespettatore
Share |
Gent. Rai,
gentile Direttore, gentili voi tutti lavoratori della grande azienda pubblica italiana di trasmissione televisiva che lavorate quotidianamente, in pubblico o dietro una scrivania, perché noi italiani, noi telespettatori, ad ogni ora, possiamo intrattenerci, divertici, essere informati e capire qualcosa del mondo e dell'Italia, a voi tutti giunga sincero e partecipe il saluto e il ringraziamento di un telespettatore italiano.
Con questa mia lettera voglio esprimere plauso per la qualità dei vostri sceneggiati, per la qualità di alcuni programmi d'inchiesta, per la qualità di alcuni reportage storici.
La Rai fa parte della storia d'Italia e ad essa è ben agganciata, se è riuscita a descrivere il nostro Paese e nei momenti più tristi e difficili e in quelli più gai e spensierati.
Ancorché questo volesse significare, e dico (naturalmente) per i tempi addietro, una estremizzata politicizzazione dei tre canali classici.
Eppure oggi che il mondo è molto cambiato, che l'invenzione di Internet ha modificato linguaggio, segni e simboli e riferimenti del nostro tempo e del nostro vivere, la Rai ha cercato, con una offerta direi sterminata, di dare risposta ad ogni genere di possibile richiesta.
Con tutto ciò essa, dico l'azienda pubblica, l'azienda che ha educato per generazioni gli Italiani, oggi a me pare un poco confusa sulla propria identità.
Ed io mi prendo lo scomodo di ricordarvene.
La Rai è un'azienda pubblica, che persegue il bene comune alla ricerca della verità e dell'utile non del per forza dilettevole e tanto meno del fine personale.
Per cui è delittuoso sempre e specie in questi periodi che:
a) i Dirigenti di un'azienda pubblica percepiscano compensi da capogiro, in barba alla Costituzione, in barba allo status repubblicano dell'Italia e in barba anche e persino alle più logiche regole democratiche (quando democrazia non c'è se scegliere di pagare o meno il canone).
b) che i presentatori siano talmente vetusti e talmente obsoleti, oppure giovani ma talmente insolentemente arricchiti, talmente distanti dalla gente (specie dalla rabbia della gente che si sta manifestando in maniera drammatica nella cronaca dei nostri giorni) e sono talmente politicizzati e faziosi che è inopportuno ed anzi nocivo continuare a mantenerli a spese nostre. Parlo dei Vespa, dei Giletti, dei Floris e dei Fazio, i quali, richiamati ad un senso civico, ad un adeguamento del contratto, richiesti di un parere sul se fosse equo (buono e giusto) che ognuno di essi abbia contratti annuali di molte cifre, essi, i vecchi e i giovani, i paladini del popolo (a chiacchiere), i castigatori dei politici fannulloni (di cui sono amici e all'occorrenza garzoni), essi alzano le spalle, rispondono picche, dicono, come Floris, che l'audience e lo share giustificano i propri stipendi in quanto essi fanno guadagnare all'azienda Rai non so quanti milioni.
Falso! Se si sbirciano i guadagni Rai... Falsissimo! Se si pensa all'equità e alla giustizia sociale!
Ricordate che la Rai è un'azienda pubblica!
Infine, cara Rai, io chiedo ai tuoi dirigenti, alle persone che ti amministrano, se vuoi tornare ad avere un valore perduto nel tempo a causa della radicale e violenta politicizzazione delle tue reti, di evitare in tutti i modi di parlare di ancora di
Silvio Berlusconi,
il quale è un condannato, sta scontando una pena-farsa per garantire l'esistenza di un miserrimo governucolo Pd, ed ha, infine ma non in ultimo, reati caduti in prescrizione e altri processi che lo attendono.
Le reti Rai che continuano a invitare tale signore, a parlare di lui, a fare servizi su servizi su una persona pregiudicata che ha condannato gli ultimi venti anni di Italia ad un assoluto e irrefrenabile declino etico, morale, culturale e sociale, fanno del male al Paese, tengono asservita l'informazione ai poteri forti, prendo sulle proprie spalle (l'azienda e i singoli dirigenti) un peso che la Storia d'Italia un giorno farà intollerabile e devastante, quello di avere più volte riabilitato uno dei più frivoli personaggi della storia politica della nazione.
Con ciò, io spero di cuore che voi vogliate preferire a questo continuo scodinzolio di cravatte, con il quale si fa carriera, con il mito del quale è cresciuta la mia generazione, a capire il peccato, cambiare modo e stile e tornare ad essere la luce intermittente della coscienza di un popolo che crolla, come i suoi monumenti, sotto i colpi della peggiore politica italiana che ci sia mai stata.
Mandare in onda è un potere ancora influente, ma molto meno influente che in passato. Oggi Internet rappresenta per molti quella libertà di informazione che non abbiamo più trovato sulle vostre, starei per dire nostre, reti Rai.
Dalla libertà dovete ripartire per recuperare prestigio, fare in modo che tutti si rimbocchino le maniche e torniamo a costruire un presente pieno di genio italico, scanzolata passione da Commedia Italiana e grande e furente amato poetico per i principi che da sempre fanno battere il cuore dell'umanità e dell'italianità.