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Gli stessi slogan dei periodi di crisiStudiare Storia. Molti alunni si chiedono, "perché?". "Serve?". "Serve a me che farò il meccanico, serve a me che non leggerò mai la biografia di un personaggio del passato...". La risposta standard del docente medio è sempre la stessa: "capire il passato ci fa capire il presente!". Sarà poco originale, ma è pur sempre una risposta piena di saggezza, quando accompagnata da esempi "vivi".
Prendiamo, ad esempio, che si parli della lunga depressione di metà Ottocento o della crisi del '29. Come non pensare ad un collegamento con i tempi di oggi? E, come allora, come se il passato non fosse avvenuto, come se non ci avesse insegnato niente, come se non avessimo studiato Storia, noi ripetiamo sempre le stesse "scuse" per accusare qualcuno di avere provocato la crisi. C'è la crisi, colpa...
1) dell'Euro! Meglio quando stavano le lire! Discorso valido? Anche i Tedeschi potrebbero lagnarsi dicendo "meglio quando stava il Marco" e perché non lo fanno? Non solo perché da loro la crisi si sente meno, ma perché sono entrati nell'Euro con un cambio favorevole. La colpa è nostra, dunque, che siamo entrati nell'Euro a quel cambio!
2) dell'Europa! Perché? Perché l'Europa avvia procedure di infrazione contro l'Europa, bacchetta i nostri conti pubblici ecc... Ma è colpa dell'Europa se i conti pubblici italiani, il debito pubblico, il pil non sono in regola? O delle leggi e dell'economia e della politica italiana?
3) della Germania! Che impone a tutti l'Austerity. Discorso della cicala e della formica. L'Italia è stata cicala, la Germania formica. Perché dovrebbero darci da mangiare, ora che è inverno? 4) degli stranieri! L'Italia va male per colpa degli stranieri! Una volta ho ripetuto questo slogan in una classe. E ho chiesto: in Italia ci sono più Italiani o più stranieri? Italiani!, l'ovvia risposta. Altra mia domanda: e come si può dire che l'Italia va male per i pochi stranieri se poi i tanti Italiani non si comportano bene? Se l'Italia non va è, dunque, colpa - per lo più - degli Italiani. Stessi slogan di sempre, dunque. Stessi slogan di un normale periodo di crisi economica (morale, culturale, ecc...). |
Italia, Repubblica delle parole (e delle parolacce)L'altro giorno ero con amici su una montagna prospicente il Lago di Como. Vi era una piccola festa di paese, una specie di anticipazione di Halloween (festa anglosassone importata per ragioni commerciali in Italia, paganeggiante e a cui non sono per nulla favore, posto che anche io - lo ammetto - l'ho festeggiata in discoteca con amici. Pur di stare con gli altri...!). Ebbene, che a metà Ottobre si anticipi una festa che dovrebbe essere festeggiata quindici giorni dopo è significativo. Certo, mi si dirà, non era stata pubblicizzata come festa di Halloween ma come festa della castagna e del vino. Sia, allora perché vendere oggetti e agghindarsi da mostri e da streghe. Solo per lo stupore dei bambini (unica nota positiva)? Io credo piuttosto che questo dato ci dica dove va l'Italia. Aggiungo: mentre stavamo scendendo dalla cucuzzolo e lasciando la piccola piazza di Cernobbio alta, un bambino, tra gli amici, a voce alta, tira giù una bestemmia. Io ne resto così impressionato, anche se il mio lavoro dovrebbe anche avermi preparato a tutto questo, che quasi mi fermo. Mi si gela il sangue nelle vene. Mi ribolle qualcosa dentro e vorrei fermarmi e dire qualcosa, ma mi sentivo incapace di rispondere a quel ragazzino, ai suoi amici, al candore con il quale offendeva, alla sua non-cultura ostentata così gloriosamente, e pensavo a chi lo ha educato, a cosa ha dovuto vedere. Penso che, in fondo, è vittima del mondo degli adulti. Quel mondo degli adulti che sceglie le feste pagane, il divertimento senza pensieri, che crede che la crisi passerà da sola, che si è impotenti davanti alla cattiva politica, che il Cristianesimo sia falso (sulla base della moda dei potenti, senza alcuno studio, senza alcuna razionalità). Imposta la moda paganeggiante del sesso, del potere, del divertimento senza pensiero, dello sballo, il popolo italiano (più ignorante di cento anni fa, per molti aspetti, ancorché - almeno nelle stime - più alfabetizzato) è un'Italia che io non riconosco per Italia, uno Stato selvaggio, uno Stato non-Stato, composto da organi truffatori e approfittatori, da corrotti e corruttori e alla base della quale c'è un popolo che è l'ignoranza fatta uomo. Non voglio con ciò dire che tutti si debba essere cristiani, di cristiani io ne conosco pochissimi, forse non impiegherei nemmeno le dita di due mani per enumerarli, ma che si liquid. il Cristianesimo per non vero in base al non studio, al sentito dire, alla sensibilità "imposta" dall'alto, dai capi, da coloro che traggono profitto nello screditare il Cristianesimo (così come quelli, dentro al greggo che sono lupi e che attraverso di esso se ne approfittano) ebbene io ritengo che questa sia la vera crisi di oggi: il non capire, il non cercare nemmeno più di capire. Dal particolare al generale: dal ragazzino che bestemmia con gli amici sul cucuzzolo di una montagna remota dell'arco alpino alle bestemmie che la nonpolitica fa tutti i giorni in spregio alla storia d'Italia, alla sua sofferenza, alla Costituzione, all'acquisizione eroica di diritti e doveri (gli uni sconosciuti quanto gli altri...). E i mezzi di comunicazione, davanti alle cifre atterrenti della disoccupazione, della regressione culturale ed economica del Paese, davanti alla svendita a grandi capitalisti stranieri delle maggiori aziende del panorama italiano, cosa ci propinano? - La decandenza dalla carica di senatore del capopopolo dei ricchi; - La presa di posizione del Presidente della Repubblica che "censura" il suo popolo (il popolo che mensilmente lo paga, dico!), perché sfoga la sua rabbia sui social; - la bagarre sulla legge di stabilità e il solito teatrino Imu non Imu; Certo ci sono anche tanti talk che parlano di politica. A parte la qualità di questi talk, bassa per le seguenti ragioni: - parzialità del conduttore; - stessi volti, stessi invitati da vent'anni; - grida e controgrida, insulti e quant'altro... (anche se adesso sono diminuiti, non li vedete più composti? Perché hanno capito che il popolo è esasperato e che potrebbe... - ed io non voglio assolutamente né la violenza e nemmeno l'immobilismo); a parte la qualità di questi talk (e il dato sconcertante dello stipendio della maggior parte di quei conduttori - di Destra e più gravemente di Sinistra - anche se oramai la differenza è dissolta - che percepiscono lauti compensi! Troppo lauti per i bei discorsi sulla sofferenza del popolo italiano che sono soliti infarcire), resta il dato che l'Italia è la Repubblica delle Parole (ex Repubblica delle Lettere): tutti dicono tutto, salvo poi smentire quello che hanno detto ridicendo il contrario di tutto. E sono bravini, se riescono a convincere l'elettorato (se ancora esiste) davanti alla prova evidentissima di una dichiarazione davanti alla telecamera, che sono stati fraintesi. Intanto l'Italia langue. A me pare la fine di Ettore, davanti alle mura della sua amata Troia, sotto lo sguardo lagrimoso dei suoi cari, con il pensiero rivolto alla piangente Andromaca e al suo piccolo figliolo, per cui combatte. Riferimento epico non tanto per il valore della guerra, a cui non credo, ma per far capire come da Repubblica democratica fondata sul lavoro siamo passati ad essere capitalisti falliti homo homini lupus del si salvi chi può e del tutti contro tutti. Un riferimento di speranza, però, alla mia dolce terra voglio pur darlo. Un esempio antico, se è vero che dagli antichi abbiamo ancora da trarre molte lezioni, ancorché in alcuni campi siamo riusciti a superarli (ma è la storia del nano sulle spalle del gigante...): quel popolo deluso dal potere religioso-politico ufficiale, stanco di guerre, di violenze e di individualismo sfrenato, si era rivolto, in quella Palestina martoriata ieri come oggi che somiglia tanto al nostro amato Stivale, a una voce nuova, ad un annunzio di infinita candida splendidezza, che parlava di giustizia per tutti, di pace per la famiglia umana, di fratellanza universale, di pentimento amaro e remissione dei peccati per un nuovo inizio. Così si ricomincia, se si capisce in cosa si è sbagliato: abbiamo sbagliato nel pensare ossessivamente a noi stessi, nel rinunciare ad educare i nostri figli ed anzi, in molti casi, nell'anteporre la nostra libertà personale (divorzio, nuovi matrimoni eccetera eccetera...) alla bellezza e responsabilità di essere genitori; abbiamo sbagliato nel dare esempi di lucro e di malvagità alla nuova generazione (la mia) e nel rinunciare alla tradizione cristiana in nome di un mondo e di una Italia che sono come pane insipido (E come lo si renderà salato?). Abbiamo sbagliato nel pensare di essere diversi, il Nord migliore del Sud, il Sud per volere divino spacciato e definitivamente e immutabilmente in mano alla delinquenza). Abbiamo sbagliato a non accogliere i fratelli delle altre fedi che scappano da fame e povertà e nell'accoglierli tutti senza metodo e senza ragione. Abbiamo sbagliato a rinunciare a pensare per divertirci. Siamo stati cicale. Tutti, anche se cicale di cicale sono i poteri forti, i maggiori responsabili (irresponsabili) di questa attualità tanto difficile. Allora, torniamo alla fede vera. Pare che lo Spirito Santo abbia dato un Papa diverso (anche se i gesti e le parole non sono stati supportati che da alcuni tentativi di riformare questa Chiesa e questo Vaticano che sono ancora troppo uguali al passato). Torniamo alla fede in Gesù Cristo, nel riscoprirci popolo e nazione, una nazione multirazziale multireligiosa in cui l'appartenenza sia però usata per il bene comune (come Jahvé, Gesù, Allah vuole!). Torniamo al bene e agli insegnamenti etici e morali che hanno (anche negli eccessi del passato) costituito pur sempre un'ossatura valida per far stare dritta l'Italia. E che questa ossatura oggi non abbia scricchiolii, che sia etica buona, morale pura, che sia il nuovo mondo che Bibbia, Vangelo e Corano auspicano. Che sia non questa Babele, ma la Terra Promessa da Dio ai nostri Padri. Che sia il ricominciare con fede, cultura, tradizioni, fratellanza e socialità a costruire sopra le rovine fumanti di questo presente senza sale. Perché noi siamo sale, sale della terra. L'Italia è un Paese di poveriI dati statistici dell'Istat fotografano la condizione del nostro Paese da tanti anni e ci danno argomenti di discussione e commento della situazione attuale, man mano che essa si svolge.
L'ultimo rapporto (Ott. 2013) parla dell'incidenza di povertà relativa in Italia tra il 2009 e il 2012. In questi anni si è passati, nel Mezzogiorno ad esempio, dal 22,7% di povertà relativa al 26, 2 con un aumento di quasi quattro punti percentuali. Sempre nel Mezzogiorno e sempre in questi anni, ma per quanto riguarda le persone in condizione di povertà assoluta, si è passati dal 7,7 al 9,8%. Oggi, dunque,al Sud, 10 persone su 100 sono assolutamente povere. Non hanno di che sostenersi. Al centro va leggermente meglio, ma anche perché le condizioni di partenza erano diverse, ma la non politica di questi anni, la crisi economica, la perdita di competitività internazionale e l'assalto e l'emergere di altri Paesi ha prodotto anche in queste regioni i suoi problemi. Povetà relativa, dal 5,9 del 2009 al 7,1 del 2012. Povertà assoluta, dal 3,6 al 5,5. Il Nord ha i dati migliori tra i peggiori. Dal 4,9% di povertà relativa del 2009 si è passati al 6,2% del 2012. Dal 3,6% di povertà assoluta nel 2009 si è, nel 2012, al 5,5. I dati dell'Italia riassumono questa serie di sconfitte. Povertà relativa in Italia nel 2009 - 10,8 Povertà relativa in Italia nel 2012- 12,7 Povertà assoluta in Italia nel 2009 - 4,7 Povertà assoluta in Italia nel 2012 - 6,8 In totale, tra povertà relativa e assoluta, la fascia di popolazione in condizioni economiche non buone nel 2009 era al 15,5. Nel 2012 è arrivata ad essere del 19,5.
Mentre, in modo stucchevole, insensato e violento, quella che va sotto il nome di politica ma che non ho capacità di sostantivare langue, predica, sbuffa, intorta i soliti teatrini da show televisivo e dopo i poco affidabili talk lascia più dubbi che prima, l'Italia soffre e soffre parecchio. Come è sempre valida la lezione di chi cercava, anche con una risata amara, di insegnare agli uomini i trucchi del potere dai quali liberarsi. |
L'imbarazzante Porta a Porta e il caso della decadenza da senatore di BerlusconiPorta a Porta è un programma televisivo del palinsesto Rai che si trasmette dal 1996, da 19 anni. Trasmette tradizionalmente sulla rete ammiraglia ed è celebre per la conduzione del suo "storico" presentatore, il giornalista Bruno Vespa.
Il programma, non volendo, si è trovato a raccontare le tensioni e le divisioni del ventennio berlusconiano, invitando sempre politici di spicco e cercando di indagare la realtà degli eventi politici, sociali e morali del nostro Paese. Almeno questo nei propositi. Salvo poi ossequiare con particolare svenevolezza i vari pezzi grossi della politica, del clero e dell'industria che via via sono intervenuti.
A rafforzare il consenso attorno alla trasmissione ci sono state poi delle vere e proprie tribune elettorali, dei comizi in piena regola, dentro i quali, nello studio per lo più immutato, Berlusconi un giorno di tanti anni fa disegnò, ad esempio, su una cartina muta dell'Italia ciò che egli sognava per questa nazione. E come un moderno Michelangelo si mise a tracciare linee e dire "Qui io vedo un'autostrada, qui una ferrovia, qui un tunnel, qui questo e qui quello, tanto che alla fine più che l'Italia quella carta così scintillante e opulenta pareva il Paese dei Balocchi. L'8 Maggio del 2001 altro colpo di scena con la firma del cosiddetto Contratto con gli Italiani.
Intanto Berlusconi vinceva e l'Italia peggiorava sia da un punto di vista economico, perché non ammodernava le sue strutture industriali, oramai vecchie dato il ringiovamento dell'economia portato dalla intanto giunta rivoluzione tecnologica di fine millennio, sia da un punto di vista morale. Pure la trasmissione continuava, a suo modo, a raccontare l'Italia e i cambiamenti nei comportamenti e nella sensibilità della società, mentre una Sinistra almeno colpevole, se non venduta, e dei sindacati sempre più divisi e sempre meno rappresentativ andavano spegnendosi lentamente. Non volendo, però, parlare solo di politica, la trasmissione è stata ulteriormente al centro di sorridevoli polemiche e di rifacimenti comici per le ricostruzioni dei delitti più efferati che il conduttore raccontava pedissequamente attraverso dei grandi plastici semirealistici. Plastici e dettagli e modalità di conduzione della trasmissione divenuti, quasi, proverbiali. Naturalmente plastico, particolari oltremodo eludibili, gossip scandalistico sulle vittime, sulle vicende e toni quasi più da bar di provincia hanno anche indispettito molti. Altro punto di forza, come di ogni buona trasmissione che tratti di politica, i sondaggi.
E così, ad oggi, volenti o nolenti, se gli Italiani vogliono ancora sentire, a sera, stanchi da lavoro, cosa non è politica o ricordarsi come mai diventare, anche per quest'autunno potranno sintonizzarsi sul primo canale e sorbirsi le acute analisi di Vespa. Il quale non sarebbe nemmeno pessimo, come giornalista, se avesse quel qualcosa che qualunque altro giornalista dovrebbe avere per essere grande: l'onestà intellettuale e l'amore profondo e indefesso per la verità. Invece, il Nostro si crogiola della sua posizione e ripete da varie edizioni gli stessi, imperdonabili errori (oltre quelli già elencanti in precedenza, ndR): A) Invitare sempre le solite facce note; facce di bronzo, s'intenda, ma sempre solite sono. B) Tra queste facce note, oltre coloro che sono stati in galera per pochissimo tempo, esempi fulgidi di dedizione al giornalismo e alla libertà di stampa, ci sono alcuni talmente indigesti all'opinione pubblica generale che si deve odiare l'Italia per invitarli così frequentemente in trasmissione; C) Distorcere la verità dei fatti andando a parere sempre e solo verso certi argomenti e/o aspetti di essi. Questa, che è la colpa maggiore, è stata, ad esempio, una procedura usata quest'oggi, quando si dibatteva del primo giorno di riunione della Giunta per le elezioni e dell'immunità parlamentare, allorquando era evidente, oltre agli scudi alzati di politici e giornalisti di Destra, che il conduttore "favoriva", in una visione garantista quanto mai adeguata al personaggio, la tesi secondo cui Berlusconi non debba essere "processato" così in fretta, perché ciò pare più un'epurazione che una conferma della condanna. E qui tra il punto. (E a questo punto, per vero, un ospite in particolare ha risposto adeguatamente). Punto primo - La Giunta non deve svolgere un nuovo processo a Berlusconi, come sostenuto dai rappresentanti di Destra, che così capovolgevano l'attenzione da Berlusconi ai deputati Pd a lui ostili, ma deve ratificare l'eventuale incompatibilità della carica di senatore della Repubblica con la nuova posizione giuridica di Silvio Berlusconi dopo la condanna a 4 anni per frode fiscale del 1 Agosto, la quale lo indica, per sentenza definitiva della Cassazione, complice per avere architettato un trucco per evadere il fisco dovuto dalle sue aziende.
Punto secondo - Il fatto che Berlusconi sia stato condannato da tre gradi di giudizio, scioglie ogni riserva rispetto all'eventuale tarlo garantista ancora in agguato. Che questa sentenza definitiva sia arrivata dopo 7 anni di iter giuridico (tanto che 3 anni dei 4 gli sono stati condonati) è altrettanto significativo. Conosco una persona che avrebbe commentato, e io pago!
Punto terzo - Che risponde alla mossa a sorpresa, in extremis organizzato dai legali, il ricorso di Berlusconi contro l'Italia inviato alla Corte di Giustizia Europea, a Strasburgo, che in 8-9 settimane dovrebbe rispondere se accettare o meno il caso. Questa mossa, come tutte le ultime mosse (l'aereo che trascinava il cartellone con su scritto Forza Silvio, Forza Italia; l'alleanza, insolita, con i radicali;), è il segno della debolezza e dello sforzo immane di un gigante a cui sono stati mozzati i piedi di reggersi soltanto con la forza delle mani. Il ricorso alla Corte di Giustizia Europea è stato promosso in ragione della considerazione, nella Costituzione Italiana e in quella Europea, del principio giuridico nulla peana sine lege, nessuna pena senza la legge, ovvero, se quando ho commesso il reato quello per cui vengo punito non era considerato reato io non devo pagare davanti alla legge. Principio, questo, che non ha senso, se non si esercita distinzione. Faccio un esempio: è ovvio che, se oggi è uscita la norma per cui è severamente vietato in ogni angolo della scuola fumare, non posso punire il professore che fumava negli spazi che la precedente legge gli concedeva. Questo è palese. Pure, il fumare a scuola oggi è sanzionato. Però, il reato di evasione fiscale, anche prima la nota Legge Severino, c'era, anzi, c'è sempre stato. Il fatto che chi non pagasse le tasse fosse un evasore e che in quanto evasore fosse perseguibile per legge è un fatto antico. Il fatto che al momento del reato la Legge Severino non fosse in vigore non dice nulla. Silvio Berlusconi ha evaso le tasse, quindi è reo, e ora, in virtù delle disposizioni odierne, questa condanna odiernamente emessa, da adito alla decadenza di questi dalla carica di senatore. Processo così logico che non riesco a capire quale sia la difficoltà nel capire.
Perciò, dopo questo exursus nel ventennio berlusconiano-vespiano, mi rammarico per la pessima politica dell'uno e il servilismo dell'altro e dichiaro che la decandenza di Berlusconi e l'eventuale allontanamento dagli incarichi pubblici, che il Tribunale di Milano sta valutando se e quando stabilire, non è certo la liberazione dell'Italia dal berlusconismo. Questo è detto da molti. Non è chiaro come potremo tornare a un giornalismo vero e autentico, combattivo e attento alla verità, e quando avremo una politica che dia esempio ed elevi la società civile piuttosto che allettarla con reclamé e gossip e saziarla di scandali, incanaglirla e spogliarla della libertà e della dignità. Allora potremo dire che la decadenza dell'Italia sarà storia e si aprirà una nuova storia, fatta di una gioventù partecipe e di un sogno da dividere, nella diversità di opinioni, tutti insieme.
Se non sarà più un senatoreIl personaggio è talmente noto che non ha bisogno di presentazioni. Cantastorie tra gli edili, industriale, prestanome socialista e poi in politica guidando la Destra, il Nostro è il più noto e apicale volto di un gruppo sostanzioso, numeroso e compatto di uomini, della stessa classe sociale, degli stessi orientamenti politici e morali, che è la struttura di vertice della società italiana. Un vertice fatto di furbi evasori fiscali, di prestanomi, di corruttori e di corrotti.
I fatti che hanno contraddistinto la sua "politica", se così si può chiamarla, sono stati l'imbarbarimento del quadro parlamentare, composto prima da mafiosi e amici di mafiosi della nobiltà e intellighenzia italiana, per lo più, e, da quando c'è lui, da soubrette, donne di molto dubbia moralità, sportivi, ecc... (faccio notare che questo, di per sé, se si fosse garantito un innalzamento dello standard della qualità di amministratori e di rappresentanti del popolo e della relativa efficienza ed efficacia nel proporre e votare norme che aiutassero il Paese, questo non sarebbe stato nemmeno negati - il fatto di aprire il Parlamento a nuove categorie sociali. Questa operazione è stata condotta, con vari risultati anche in passato. Il problema è che questo ha coinciso con l'avvento dei fenomeni dei pianisti, con un becero populismo, con una amoralizzazione del ruolo pubblico, con, soprattutto, tutta una serie di leggi che non cercavano la giustizia comune ma il privato tornacont). Il ventennio che egli ha dominato accuserà l'incapacità, o peggio la connivenza, della Sinistra - delle Sinistre e della maggior parte dei Sindacati, la spettacolarizzazione della politica, la regressione culturale attraverso programmi televisivi che definire sciocchi è per eufemismo, ... Nel ventennio in questione l'Italia è stata ferma, ha fatto leggi discutibilissime come lo scudo fiscale, la tentata riforma della Giustizia (terzo potere dello Stato con organi istituzionali volutamente autonomi dalla politica diretta, abbenché con essa collegati), la tentata riforma della Costituzione (tema attualissimo), il recente condono della maggior parte delle tasse dovute dai gestori di sale da gioco, la Bossi-Fini ... la lista sarebbe lunga. Ci sono state anche iniziative positive, come la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e poco altro, ma naturalmente questo è offuscato dal mare magnum del peggio.
Dopo vent'anni così strazianti per il Paese, i fatti odierni cominciano a gettare luce su quanto visto sinora. L'1 Agosto 2013, dopo anni di carte e chiacchiere, la Corte di Cassazione rende definitiva la condanna a 4 anni di carcere per frode fiscale per Silvio Berlusconi, nell'ambito del processo Mediaset. Non unico dei processi in corso dell'ex Primo Ministro, egli dovrà rispondere di un giro di malaffare che aveva, secondo la ricostruzione, vertice proprio in lui stesso. Di questa condanna definitiva, per via dei vari condoni - tipici dei suoi governi - gliene rimarrebbe da scontare solo uno. Di questo uno, per l'età, o ai domiciliari o ai servizi sociali. Oggi, 9 Settembre, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari si incontrerà e dovrà dibattere e votare la decadenza di Berlusconi da senatore. Dal canto suo, il milanese, che già si è reso protagonista di altri fenomenali interventi politici, come il suo ritorno da Salvatore della Patria dopo una campagna elettorale in cui si è presentato praticamente ovunque, anche in programmi tv tradizionalmente a lui ostili, per tutto Agosto si è impegnato (e ha impegnato i suoi scagnozzi) in una battaglia mediatica populista e decisamente contraddittoria se, oltre ai suoi, ha arruolato a sé anche le campagne referendarie del Partito Radicale, con il quale (ormai ai tempi...) ebbe molti diverbi verbali e non solo. Da nemico giurato di questi, ora si ritrova agli stessi banchetti, a firmare contro le sue stesse leggi (quella sull'immigrazione clandestina) e portare avanti le stesse battaglie. Il fatto è che è alla frutta, come si suol dire, e questi atteggiamenti, se vorrebbero essere ancora propaganda politica, sono gli ultimi spari di un vecchio cannone arrugginito. La patata bollente, adesso, passa al Pd. Se la Giunta è formata, in maggioranza da Pd e M5S, e se il Pd non voterà per la decadenza di Berlusconi da senatore, lo stesso Pd, il grande sconfitto delle scorse elezioni, potrebbe ledere la base del suo consenso così tanto e così irrimediabilmente che credo potrebbe divenire il terzo o quarto partito d'Italia, con tutto ciò che questo vale.
Disdicevole, infine, è il contrasto tra quello che avviene oggi (Ricorso di Silvio Berlusconi contro l'Italia) e quello che lo stesso professava quasi vent'anni fa nel discorso di "discesa in campo": L'Italia è il Paese che amo, qui ho le mie radici...).
Gli epiloghi di uomini tristi sono sempre ignobili. |