I centri culturali del Rinascimento - Urbino
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Urbino è un paesello appeso agli Appennini, nascosto tra una serie infinita di collinette, difficile da raggiungere e fredda d'inverno quando i Montefeltro ne diventano signori, l'abbelliscono e costruiscono quel Palazzo che sarà monumento di grandiosità per i venturi.
Ad Urbino si insedia, dunque, una corte raffinata che sarà ambientazione per Il cortegiano di Baldassare Castiglione, vero best seller del Cinquecento.
La politica culturale dei Montefeltro, però, non può prescindere dal più grande nato nel piccolo paesello marchigiano, Raffaello Sanzio. Raffaello è giovanissimo quando già incanta tutti con il suo talento. Giovanissimo si trasferisce a Roma ed entra a far parte della corte papale. Giovanissimo morrà. Urbino sarà indissolubilmente legata a quel giovane genio dell'arte che ci ha lasciato capolavori immensi e il suo desiderio di essere libero.
Il problema che Urbino rappresenterà nell'Italia Quattrocinquecentesca è, dunque, il seguente:
come ha potuto un paese molto piccolo, di provincia, molto periferico, che ha subito lasciato partire l'unico genio che sino a quel momento v'era nato, a diventare una capitale culturale del Rinascimento?
I Montefeltro sono stati degli oculati politici, innanzitutto, e non solo hanno saputo valorizzare sé stessi ed il proprio territorio, ma hanno anche saputo comprendere la portata storica del momento che richiedeva più che la guerra con le armi uno scontro culturale che sarebbe probabilmente sopravvissuto a testimonianza di quel rinnovato sentimento di considerazione dell'uomo per se stesso che sarebbe stata decifrata dall'arte.
Non si dimentichi che la grazia di cui parla Il cortegiano è lo stesso medesimo principio che anima La città ideale.
Federico da Montefeltro era riuscito a fare della sua corte un cosmo artistico in cui gravitavano Piero della Francesca, Paolo Uccello, Giusto di Gand, Pedro Berruguete, ma anche architetti come Luciano Laurana e matematici come Luca Pacioli.
Politicamente una spiegazione al prestigio crescente di Urbino alla fine del Quattrocento si spiega con la mossa papale di volere creare un ducato potente a metà strada tra Bologna e Firenze in modo da potere avere l'occasione di intervenire più direttamente nelle guerre italiane che si andavano profilando e che si sarebbe scatenate alla morte del Magnifico.
Un altro dato ci fa comprendere l'importanza di Urbino come Stato acquisito con l'aiuto di altri, direbbe Machiavelli. Che Federico Montefeltro è stato un grande capitano di ventura. Che, dunque, i capitani di ventura divenivano, in quel tempo, anche se in casi rari, addirittura dei duchi, dei mecenati, dei signori.
Questo per dire che la storia politico-culturale del Rinascimento è stata quel golpe, quel ritorno al passato, quella militarizzazione dell'arte alla quale i bravi geni hanno saputo scivolare con opere che omaggiano i padroni definendone tutti i limiti come uomini (cfr. I centri culturali del Rinascimento Introduzione e Roma, Firenze, Ferrara).