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Vita poetica di Giuseppe UngarettiGiuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d'Egitto l'8 Febbraio 1888 e morì a Milano il 1 Giugno 1970. Questa l'esistenza umana. La sua vita poetica, invece, non è racchiudibile dentro questi termini di nascita e morte. Scriveva da sempre, ma l'esperienza che ha provocato al suo animo una reazione versificatoria implacabile e insaziabile, un desiderio di vita come mai l'ebbe a provare prima né poi, è stata l'esperienza sconvolgente della Prima Guerra Mondiale. Partito volontario al fronte, dopo pochi mesi aveva già un'idea radicalmente diversa della guerra: non più lo stereotipo medioborghese e patriottico del "Pro patria mori" ma una carneficina dentro la quale non si salvava niente e nessuno. IL PORTO SEPOLTO - ALLEGRIA DI NAUFRAGI - L'ALLEGRIA Nel corso di quei mesi prendeva appunti ovunque: su giornali stracciati, pezzi di carta volanti, persino sui proiettili. Notato da un tenente che aveva una tipografia ad Udine, dopo poco la sua prima raccolta di poesie vide la luce. Era il 1817 e la raccolta si intitola Il porto sepolto. (Questo titolo fa riferimento ad un antico porto che si diceva esistesse davanti ad Alessandria d'Egitto e di cui tutti favoleggiavano senza che mai fosse individuato- così la poesia di Ungaretti era misteriosa e sommersa...). Il porto sepolto
Mariano il 29 giugno 1916.
Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde
Di questa poesia mi resta quel nulla di inesauribile segreto. ---
Tramonto Versa, 21 Maggio 1916
Il carnato del cielo ---
--- Mariano, 14 Luglio 1916
Volti al travaglio --- C’ERA UNA VOLTA
Quota 141, 1 Agosto 1916 Bosco Cappuccio
--- Sono una creatura
Valloncello di Cima, 4-5 Agosto 1916
Come questa pietra ---
I FIUMI Mi tengo a quest’albero mutilato Stamani mi sono disteso L’Isonzo scorrendo Mi sono accoccolato Questo è l’Isonzo Il mio supplizio Ma quelle occulte Ho ripassato Questi sono Questo è il Serchio Questo è il Nilo Questa è la Senna Questi sono i miei fiumi Questa è la mia nostalgia --- PellegrinaggioValloncello dell'albero isolato, 16 Agosto 1916 In agguato --- Italia Locvizza, 1 Ottobre 1916 Sono un poeta un grido unanime sono un grumo di sogni
Sono un frutto d'innumerevoli contrasti d'innesti maturato in una serra
Ma il tuo popolo è portato dalla stessa terra che mi porta Italia
E in questa uniforme di tuo soldato mi riposo come fosse la culla di mio padre. ---
ALLEGRIA DI NAUFRAGI Più avanti quelle poesie, rivedute e arricchite di altre, saranno stampate con il nuovo titolo di Allegria di naufragi 1919) e in seguito col titolo di.L'allegria (1931). Si noti l'ironia dei nuovi titoli:poesie che hanno per tema la morte violenta, la guerra, la distruzione, la fragilità della vita umana hanno per titolo Allegria di naufragi, chiaro prestito leopardiano o se si vuole, parafrasi dell'ultimo verso dell'Infinito. Allegria di naufragi è un titolo ossimorico che rende, quindi, il carattere ironico del proprio autore. Passare da questo a L'allegria è mettere al centro una vitalità, una speranza, un sentimento di rinascita davanti a quegli orrori che fa virtù ad Ungaretti. A di là del cambiamento di titolo, si deve sottolineare che questa raccolta di poesie è rivoluzionaria. Per i temi, lo stile, la lingua. Si dibatte ancora se fosse la scarsità di fogli su cui scrivere o una precisa e lucida realizzazione dell'autore, ma quelle poesie così brevi e lapidarie, dal senso così nascosto, profondo e diretto, sono capolavori della letteratura italiana di tutti i tempi. Alcune poesie (anche di raccolte future) riprendono dagli haiku giapponesi (brevi componimenti nipponici di diciassette sillabe totali divise in tre versi). Alcune altre poesie sono monoversi, altre di vario metro ma comunque salienti e determinate. Questa poetica di Ungaretti risponde all'esigenza di mettere al centro della poesia la parola, la singola parola. Anziché lo sproloquio del dannnunzianesimo, quei versi su versi, quei poemi epici moderni, quella retorica stanca di certo decadentismo al languore o crepuscolarismo e senza la concezione rivoluzionaria ardita e senza senso del Futurismo, Ungaretti rivoluziona la lirica non concedendo distrazioni alle sue parole. Inoltre, questa poetica risponde alla causa che la determina: l'idea che la poesia sia illuminazione (in questo riprendendo dal Simbolismo, a cui il poeta deve molto). SENTIMENTO DEL TEMPO Nel 1933 pubblica, invece, Sentimento del tempo, raccolta incentrata sul rapporto uomo-tempo. Diverse poesie hanno per titolo mesi dell'anno o ricordo di stagioni. Lo stile concede qualcosa alla tradizione letteraria e si apre a forme neoclassiche e barocche. Torna la punteggiatura. Come per la prima raccolta usa molto l'analogia. Sintatticamente preferisce sempre costruzioni paratattiche. Il discorso risulta, in generale, più chiaro, come se Ungaretti volesse aprirsi a un pubblico più vasto. Vi presenziano anche divinità come Apollo,Giunone, Crono, Leda. Si avverte una tensione religiosa che nelle prossime opere sarà dolente ma centrale. Diviso in sette capitoli (Prime, Fine di Crono, Segni e accordi, Leggende, Inni, La morte meditata, L'amore) ha per tema il tempo e per sfondo Roma, la Città Eterna, la città immortale e intramontabile. Tra le più famose Ricordo d'Africa (1924), Una colomba (1925), Stelle (1927), La madre (1930), La pietà (1928), Canto beduino (1932), Silenzio stellato (1932). IL DOLORE Terza raccolta poetica è Il dolore. Il dolore privato e il dolore pubblico si sommano e assumono valore assoluto e definitivo. La raccolta celebra l'amarezza e il vuoto nell'anima dell'auotre per la perdita del fratello e del figlioletto Antonietto, morto a soli nove anni nel 1938. Pure è trattato con immenso cordoglio l'evento bellico, quella Seconda guerra mondiale che, oltre ad essere distruttiva e annientatrice come la Prima è la prima guerra della storia a moltiplicare il campo di battaglia con bombardamenti di città, deportazioni di massa... La sezione Roma occupata si preoccupa proprio di sottolineare questa nuova concezione di guerra, così brutale e così violenta proprio sotto le finestre degli inermi, una guerra che trasferisce il fronte nelle vie della Capitale come nelle vie delle città importanti del Paese. Lo stile "narrante" è sempre più dimesso e stracco, ma pure ricco di appassionata volontà combattiva, contro il fato e gli eventi, aprendosi, però, visti i limiti di un'umanità cinica e insensibile, alla pietà religiosa, al travalicamento delle finitudini umane dentro l'infinito di Dio. Le sezioni della raccolta sono: Tutto ho perduto (1937) - 2 poesie dedicate al fratello morto 1) Tutto ho perduto La poesia, di versi liberi in quattro strofe, svolge la tematica della perdita. Perdita del fratello, sì, ma perdita anche dell'infanzia che il fratello rappresentava: "tutto ho perduto dell'infanzia", "l'infanzia ho sotterrato". Si tratta di un commiato amaro e non rovesciabile. La sintassi è piana e colloquiale, il lessico semplice ma anche riferito alla tradizione italiana (specie leopardiana, "infinito", disperazione"). Altre parole, invece, sono proprie dell'intimo ungarettiano perché il Nostro le usa molte volte, "smemorarmi" "grido" "gridi".L'infanzia è anche metaforizzata nella "spada invisibile" che "mi separa da tutto". Nella terza strofa, invece, troviamo che la focalizzazione della poesia è interna e che il poeta indaga il dolore suo personale dell'animo più che elogiare e ricordare il fratello. In lui c'è questa mancanza forte. In lui avviene la violenza del distacco: "Di me rammento che esultavo amandoti". Ancora una ripetizione: il "fondo delle notti" (2 strofa) diventa "infinito delle notti" (3 strofa). L'ultima strofa sottolinea la disperazione del poeta, la sua impossibilità di sperare un ritorno a quell'infanzia-fratello che l'ha lasciata. Cosa è diventata la vita? Non più che una roccia di gridi, metafora per descrivere la rocciosità, la durezza dei gridi, degli urli che questa perdita-disperazione produce. Giorno per giorno (1940-46) - 17 frammenti dedicati al figlio Il tempo è muto (1940 - 1945) - 3 poesie dedicata al figlio Incontro a un pino (1943) - 1 poesia sulla guerra Incontro a un pino - Poesia di 11 versi liberi. Come dice il titolo, per descrivere l'orrore della guerra Ungaretti sceglie un'immagine non convenzionale, un pino di Roma che brucia. Egli gli va incontro, è sul Lungotevere e quasi si risveglia (dopo la guerra) da un lungo letargo, quasi ritornasse alla luce or ora: "in patria mi rinvenni...". Segno, questo, che sottolinea l'impossibilità per il poeta e per la poesia di farsi carico e descrivere sinceramente l'orrore della guerra (senza slanci retorici, senza scadimenti verso l'una o l'altra parte, senza possibilità di ambuiguità o franintedimento). Stessa impossibilità denunciata anche da Quasimodo e Montale. Però c'è da sottolinea che Ungaretti aveva aderito al Fascismo, era stato, per così dire, uno dei poeti ufficiali del Fascismo, mentre gli altri due no. Per questo questa scelta di descrivere la guerra attraverso un pino è dovuta sembrare necessaria al poeta, per evitare incomprensioni. Il pino, "ospite ambito di pietrami memori",che arde vicino al lungotevere, al tramonto è il simbolo della distruzione totale, della violenza sugli innocenti, della incomprensibilità di tanta barbarie. Non a caso la scena che si svolge è al tramonto (Ungaretti sottolinea il tempo dello svolgimento sia all'inizio che alla fine della poesia); il tramonto è quello della civiltà e della cultura civica dell'Italia (e forse del mondo). Lo stato d'animo del poeta è evidente dal titolo; egli va "incontro" al pino, capisce la guerra e la denuncia avanzando verso i deboli (debole egli stesso), cantando la bellezza depauperata ma anche esaltandola. Quel pino che si macera nelle fiamme protrae sì il ricordo dolente della guerra (Il Dolore) ma anche protrae la voglia di riscatto che la fierezza con cui è descritto ci ispira. Roma occupata (1943- 1944) 5 poesie sulla deportazione Mio fiume anche tu - Questa poesia diventa importante, nell'economia della poetica ungarettiana, perché diventa un nuovo fiume ove il poeta fa vita, si sente vita. Infatti, il titolo dimostra che Ungaretti pensa a questa poesia come ad una continuazione della sua famosa poesia I fiumi. In quella parlava dell'Isonzo, del Serchio, del Nilo e della Senna, fiumi che aveva visto e che facevano parte della sua vita. A questi, ora, aggiunge il Tevere, fiume di dolore, fiume di decadenza e di morte. Tevere che gli ispira una poesia civile malinconica e disperata. I ricordi (1942 - 1946) - 4 poesie Ungaretti commentò Il dolore con queste parole:- Il dolore è il libro che di più amo, il libro che ho scritto negli anni orribili, stretto alla gola. Se ne parlassi mi parrebbe d'essere impudico. Quel dolore non finirà più di straziarmi -. LA TERRA PROMESSA Altro libro di poesie importanti, La Terra Promessa è del 1950. Nasce dall'idea di un poema epico su Enea, la cui Terra Promessa è il Lazio, perché il destino gli aveva affidato il compito di essere capostipite di una nuova gente. Quel poema, poi, Ungaretti non lo finì, ma intanto quegli stralci sono andati a formare questo libro di poesie, dentro il quale, dunque, c'è anche tanta parte di "provvidenzialità" alla quale il poeta si era aperto. UN GRIDO E PAESAGGI Arriviamo al 1952 con Un grido e paesaggi. IL TACCUINO DEL VECCHIO Del 1960. VITA D'UN UOMO La raccolta delle raccolte poetiche. Tutte le opere sue, Ungaretti le sintetizza sotto questo titolo emblematico: Vita d'un uomo. |
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