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I centri culturali del Rinascimento - Introduzione e RomaQuando inizia il Rinascimento? Questa domanda è di semplice risposta. Dopo l'Umanesimo, dunque verso la fine del Quattrocento (la data cambia al cambiare dello storico che propone l'evento chiave di riferimento).
Quando finisce il Rinascimento? Questa domanda, a prima vista di ovvia risposta, quando il Manierismo anticipatore del Barocco inizia a minarne i fondamenti, verso la fine del XVI secolo, invece non è affatto ovvia. Il Rinascimento non è affatto finito. Il Rinascimento è ora, poco più che una settimana fa. Un articolo del Corriere della Sera del 19 Agosto 2016, appunto, riferiva l'allarme lanciato da studiosi americani su microfratture ad uno dei piedi del David di Michelangelo che comprometterebbe la stabiltà della statua. Quelle microfratture sono note sin dall'Ottocento, replica qualcuno, di fatto però confermandone l'esistenza. Perché gli Americani dovrebbero interessarsi ad un pezzo di marmo di 500 anni fa? Perché quel pezzo di marmo rappresenta ancora oggi, agli Americani di oggi, l'esempio di bellezza alla quale Michelangelo e gli artisti rinascimentali tendevano.
E se tu avessi una statuetta del Rinascimento ed io avessi 100 euro, faremmo scambio? Me la venderesti? In fondo non è che un piccolo pezzo di marmo scolpito. In un articolo de La Stampa del 2013, si riferisce di un'asta di Christie's a New York con 33 lotti del Rinascimento battuto alla cifra di più di 42 milioni di dollari. Che se volete è anche poco. Come è possibile, dunque, che pezzi di marmo vecchi, di 500 anni fa, creino lavoro, prestigio, compravendita ancora oggi? Potenza del Rinascimento e più in generale della storia e della letteratura. Gli Americani, dunque, si sono innamorati di Michelangelo e del Rinascimento da appena tre anni? Non è proprio così, da La primavera di Michelangelo (1965) a Estasi e tormento (1966), quando Charlton Eston interpretava "l'immortale" artista, gli Americani ammiravano le opere e il genio italiano tra Quattro e Cinquecento.
E prima degli Americani Tedeschi, Spagnoli, Inglesi, Francesi. Proprio i Francesi sono stati i primi a capirlo, perché già in quell'epoca, l'epoca di Francesco I, avevano investito ingenti capitali per creare la Scuola di Fontainbleau, a cui parteciparono Leonardo da Vinci, Rosso Fiorentino, Primaticcio e Benvenuto Cellini. Dunque il Rinascimento non è un periodo storico delimitato da un inizio ed una fine o meglio un inizio storico ed una fine storica ce l'hanno, ma nella realtà delle cose il Rinascimento non è finito. Se andate adesso davanti ai musei di molte città italiane ci trovate file di turisti (alcuni dei quali noti alle cronache, purtroppo, per la maleducazione). Come mai, allora, si ebbe il Rinascimento? Beh, perché si ebbe l'Umanesimo, di cui era prosecuzione. Perché si ebbe l'Umanesimo? Perché un nuovo periodo economico, sociale, politico era sorto in Italia ed in Europa. Dell'Umanesimo perde la sua spinta civica alla partecipazione politica da parte degli intellettuali, ma mantiene intatto il desiderio di libertà da poteri costituiti che frenavano negli uomini passioni e sogni che non fossero allineati a certi diktat. Perché il Rinascimento fu un fenomeno soprattutto italiano? A questa domanda ci vuole una risposta adeguata, che daremo dopo un ragionamento. Abbi, tu, lettore mio, la bontà di seguirmi. I CENTRI CULTURALI DEL RINASCIMENTO Il Rinascimento fu un periodo di scontro militare e politico, la politica equilibrata di Lorenzo il Magnifico si era con lui chiusa. Il figlio Giovanni, divenuto Leone X, se fu un mecenate di artisti fu anche un capo della Chiesa debole e poco politico, poco attento a capire i tempi che avrebbero prodotto Lutero e la Riforma. Il nipote, Giulio de' Medici, divenuto Clemente VII, continuerà il mecenatismo artistico ma anche quella politica frammentata e irregolare che aveva caratterizzato le scelte del Papato degli ultimi secoli. Morto dunque Lorenzo de Medici, instaurata la Repubblica di Savonarola, tentato il colpo di Stato contro il nipote Giulio (1522), l'Italia torna ad essere la terra dello scontro politico tra le grandi egemonie europee, i grandi stati italiani, Papato e Repubblica di Venezia particolarmente, e i piccoli poteri locali della Penisola. La novità del Rinascimento, però, rispetto al Medioevo fu che lo scontro si spostò anche in campo artistico e divenne confronto. Confronto tra città, ogni signore voleva chiamare a sé architetti e scultori, pittori e poeti, per renderla gloriosa e grande. Confronto tra artisti, con l'episodio tratto dalle Vite di Vasari di Brunelleschi che un giorno, contemplando il crocifisso di Santa Croce di Donatello, apostrofò l'amico con queste parole: "Hai scolpito un contadino!". Donatello, allora, lo invito a dimostrare di saper fare meglio e Brunelleschi, d'accordo con il clero di Santa Maria Novella, dove è oggi, scolpì il suo crocifisso con tono più solenne. L'episodio è tratto dalle Vite di Giorgio Vasari che, anche attraverso l'aneddottica, riescono a restituire lo spirito di imitazione dei primi tempi che poi diventa superamento dei modelli e di sé stessi conducendo tanti artisti a realizzazioni talmente originali da stupire i contemporanei e risultare moderni anche a distanza di diversi secoli.
Da un punto di vista artistico, si noterà che Donatello in effetti disegna un Gesù lontano dall'ufficialità che lo vedeva regale, coronato dalle spine come nel passo evangelico, con i capelli lunghi come lo voleva la ritrattistica sacra sin dai primi secoli di Cristianesimo. In effetti quello di Donatello è Gesù poco sanguinante, un uomo, un contadino secondo la definizione dell'amico Brunelleschi, che affronta la croce con una serena pacifica dolcezza. Non c'è l'apologia del dolore, non c'è la passione. C'è un sonno dolce in una condizione difficile, quasi a esprimere la fede, così semplice eppure così difficile da sapere testimoniare. Brunelleschi, invece, è più ancorato ad una visione ufficiale, con corona, testa bassa e di lato, sofferenza e sangue, realismo della passione. Un capolavoro meno nuovo rispetto al primo.
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Dunque confronto, si diceva. Confronto anche tra idee, sulla lingua, sulla politica e sullo Stato, sull'arte, sulla corte, sulla scienza. Gli artisti, i pittori, usando penne, pennelli, scalpelli o disegni e calcoli di cupole, erano divenuti dei guerrieri per conto di un signore che, se metteva a disposizione grandi somme per accontentarli e regalarsi capolavori, richiedeva loro un prezzo che ben presto ci si accorse di non volere, del tutto, pagare: la libertà.
GLI ARTISTI E LA LIBERTA' NEL PERIODO DELLE CORTI Come hanno risposto gli artisti? Beh, da Michelangelo a Donatello, da Machiavelli, Ariosto e Tasso, gli artisti ci hanno lasciato, mascherato, il loro grido di libertà che ha attraversato i secoli e che ancora ci affascina, ancora ci dovrebbe far riflettere.
ROMA
A Roma la corte papale dell'epoca, corrotta, viziata, sfregiata da mali che di lì a poco avrebbero prodotto un nuovo e potente scisma religioso che sarebbe stato pretesto a guerre in nome della religione, quando di religioso non vi era nulla. Il potere di Roma, dei Papi e quello degli imperatori, dei re, dei duchi o di chiunque altro in Europa usava la religione per scopi meramente politici, disinteressandosi del messaggio evangelico di Gesù di Nazareth e della sua legge di amore universale. Così gli artisti, pur nominalmente elaborando quello che i padroni volevano, definirono spazi azzurri di libertà nel mare inquinato dei mecenati. Del Giudizio universale, con quei dannati posti immediatamente sopra le teste di cardinali e Papa, con quel Dio della Creazione così distante, con quel Cristo arrabbiato così in procinto di arrivare (a metà strada), sarà evidente la forza intrasmissibile a parole, quando voi entriate in quella sala e respiriate uno spirito che vi aleggia. Del David, che rappresenta pur sempre la vittoria di un umile contro un superbo e che potrebbe velare la critica al gigante tronfio, la Chiesa, fatta da un umile artista vittorioso, Michelangelo stesso, si ricorderà che è la manifestazione più chiara di un'arte che fa carne il marmo, rendendo vivo, quasi morbido, un materiale di natura così duro e di difficile lavorazione. Eppure le Stanze di Raffaello, con la raffigurazione di una Scuola di Atene in cui Aristole, Platone e gli antichi parlano di filosofia, dove l'elemento a un ritorno all'antico poteva essere anche monito alla Chiesa di tornare ad essere ciò che era stata. Non a caso l'avere Raffaello impresso se stesso e altri amici nelle immagini di altri filosofi che attendono i due protagonisti, può significare la Parusia, il ritorno del Maestro, di Gesù Cristo e del Padre che è un ritorno atteso dal credente (scandalizzato magari da come la Chiesa conducesse sé stessa).
Anche e soprattutto in Virtù e Legge, affresco realizzato nella Stanza della Segnatura (nelle Stanze Vaticane). Lì doveva essere la sede del tribunale presieduto dai Papi, quando Giulio II volle, invece, adibirci la propria biblioteca, trasferendosi dal piano inferiore, abitato da Alessandro VI predecessore osteggiato, e affrescate da Pinturicchio. Qui, dove Giulio II e i successori studiavano, Raffaello evidentemente convincendo teologi e personaggi che vigilavano sul suo lavoro per conto del Papa, detta la più avvincente delle regole antitiranniche che ci ha lasciato: le Virtù e la Legge.
Le Virtù sono le tre che sovrastano la porta. La Legge, (notare il singolare, Legge come Legge di Dio, Legge che praticando la giustizia - era pur sempre un tribunale - avrebbe dovuto richiamarsi ai principi evangelici). Due episodi per la Legge. A sinistra Triboniano consegna le Pandette a Giustiniano. A destra Gregorio IX approva le Decretali. Sarebbe un affresco a parete come tanti prima nei secoli e dopo, se non fosse per quella Virtù la quale, si gira rispetto alle altre che guardano altrove. La prima in alto, la seconda dritto, la terza appunto, in basso. In basso a destra, però, proprio rivolgendosi a Gregorio IX, alla Chiesa di Roma, che invece hanno sguardi diritti, materiali, politici, sguardi che restano tra loro. Anche un angioletto, guarda in basso, rimarcando la condanna che Raffaello fa della corte papale del Cinquecento nella condanna ad un precedente della Chiesa. Sia la Virtù che l'Angioletto, poi, si sbracciano per indicare dove il Papa e il seguito dovrebbero guardare. Come a indicare una meta che la Chiesa aveva dimenticato di inseguire.
MICHELANGELO, RAFFAELLO, sono solo alcuni dei tanti esempi di artisti del Rinascimento che anticipano Lutero, liberano se stessi, la fede in Gesù Cristo e l'arte dal potere di una corte che era divenuta bassa come bassa era la Roma che amministravano. Basti ricordare i tanti episodi delle vite di Aretino e, molto dopo, Caravaggio, per affermare che i Romani erano sudditi del Papa anziché, come dice il Vangelo, suoi fratelli. Nel tradimento della corte papale l'arte vede un tradimento all'umanità. E proprio questa condanna, questa libertà dentro leggi imposte dai Papi, fa di questi artisti geniali con il pennello, uomini, uomini liberi, uomini degni della loro umanità.
In letteratura, invece, a quel Giovanni della Casa, ecclesiastico, che in un fortunato libro descrive il canone del perfetto uomo di corte che adempie alle regole del Galateo, della buona educazione, c'è l'adesione a principi del Rinascimento che convenivano alla stessa corte vaticana. L'idea che l'uomo di corte debba essere educato collima con l'accettazione sociale del potere costituito, della non messa in discussione di chi governa, di un patto letterario tra chi quelle regole le impone e chi le osserva. Proprio a questo classicismo elitario, a questo Paradiso del potere, si contrappone con virulenza selvaggia l'habitus del dialetto. Un senese come l'Aretino scrive in dialetto non solo per stile artistico bensì per una deliberata convinzione antidogmatica che lo porta a preferire prostitute, ubriaconi e poveri a cortigiani ligi al dovere e affettate donne dell'alta società.
THE CULTURAL CENTER OF THE RENAISSANCE INTRODUCTION AND ROME
When it begins the Renaissance? This question is easy to answer. After Humanism, then, towards the end of the fifteenth century (the date changes with the historian who proposed the key event reference). In literature, however, at that Giovanni della Casa, ecclesiastical, that in a successful book describes the canon of the perfect courtier complies with the rules of etiquette, good manners, there is adherence to the principles of the Renaissance who agreed to same Vatican court. The idea that the man of the court should be educated coincides with the social acceptance of the established power, not the questioning of those who govern, a literary pact between those who impose the rules and the observer. |
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