Diario, anno scolastico 2015/16
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Lunedì, 12 Ottobre 2015
Caro diario,
ti chiamerò per nome e il tuo nome sarà Jonathan.
Ho sempre desiderato avere un amico a cui scrivere, magari dall'altra parte del mondo, e il tuo nome mi fa pensare alle sconfinate praterie dell'America, alle steppe del centro Africa o a qualche atollo dell'Oceania.
Fingerò così che tu sia in un posto lontano dal mio e questo mio scriverti sospenderà spazio e tempo e ci farà stare vicini.
Inoltre ho da confessarti che ti scrivo per mantenere fede ad una promessa fatta ai miei alunni, che scrivono il loro di diario. Eppure sono lo stesso emozionato perché so bene quanto è bello crescere assieme al proprio diario.
Dunque, Jonathan, permettimi anzitutto di presentarmi: mi chiamo Vito Lorenzo Dioguardi, tra un mesetto compirò 35 anni, Dante lo chiamerebbe il "mezzo del cammin di nostra vita".
Sono emozionato, perché è un'età che mi richiama a sempre maggiore responsabilità ma anche a raccogliere tanti e tanti anni in cui ho lavorato sodo per essere la persona che sono.
Ora ti saluto, un anno è lungo e sono certo ci diremo tante cose.
Venerdì, 16 Ottobre
Caro Jonathan,
oggi in classe, con i ragazzi della 2 C, la mia classe, mi sono divertito.
Sai, non sono molto simpatico né a molti di loro né a molte loro famiglie e questo per un po', l'anno scorso, mi ha reso malinconico e pensieroso, ma sono anche convinto che non si possa piacere a tutti e che, comunque, il mestiere del professore non debba piacere come primo dovere.
Certo, essere un professore simpatico è tutta un'altra cosa ed io mi impegno molto di più ad esserlo.
Divido la lezioni in parti, scherzo molto di più per stemperare la tensione e fare calare l'attenzione, do spazio a tutti e cerco di essere onesto, equo e un esempio morale per loro.
Io li conosco dall'anno scorso, come ti dicevo, e devo dire che sono cambiati tantissimo. D'altronde la loro età l'ho avuta anch'io. Età difficile, in cui perdersi è un attimo. Molte volte sono le stesse famiglie che per eccesso di zelo sbagliano o pretendendo da loro troppo poco o troppo.
Per tutti loro però c'è il capro espiatorio del professore.
Essere professore, oggi, in Italia, è una delle cose più inutili che esistano, per il sistema di pensiero del tempo attuale e la concezione media, diciamo così. Per me è un lavoro bellissimo, una passione, un modo di cambiare il mondo, il sogno di una società migliore, eccetera... Tutti i miei sogni si sono incontrati in un lavoro che, sebbene all'inizio non volessi fare, ora sento come mio, mi alzo felice la mattina di andare in classe.
Diverso per loro. L'anno scorso li ho salutati non sapendo se fossi tornato e comunque non pensandoci.
Invece sono tornato.
Avessi visto le loro facce.
Alcuni terrorizzati, perché quando sei il loro profe si radunano attorno a te e ti parlano e ti riempiono di parole e ti raccontano la loro vita, quando non lo sei più ti incontrano per strada, ridono e non ti salutano.
Altri sbigottiti, altri ancora perplessi, altri delusi... insomma, per fartene una somma, nessuno contento e tutti intimiditi.
Io vado per la mia strada, però. Non serbo rancore. Insegno loro di non serbarne.
Sono anzi stato molto felice di essere tornato, anche se non era detto che riavessi la mia classe precedente.
Li ho trovati cresciuti fisicamente e moralmente.
Mi è spiaciuto solo che i malintesi dell'anno scorso abbiano prodotto che l'unico ragazzo rimandato abbia cambiato scuola e due altri, nonostante fossero stati promossi, per ragioni diverse, abbiano cambiato scuola.
In compenso si sono aggiunte due nuove alunne. Mi sembrano abbastanze immature da integrarsi bene nel contesto, una classe di immaturi che i primi battiti del cuore, quest'anno, chissà se farà maturare o se li stordirà completamente.
Mah!
Ultimo aggiornamento (Venerdì 16 Ottobre 2015 20:15)