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La libertà: Pasqua e il 25 Aprile


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Quest'anno abbiamo festeggiato Pasqua alta (il 20 Aprile) e dopo così pochi giorni abbiamo commemorato il 25 Aprile.

Il 25 Aprile è una festa tutta italiana e non ha un proprietario, come si è spesso portati a credere. Il 25 Aprile è la liberazione d'Italia, di atei, cattolici, comunisti, socialisti e di qualunque uomo e donna che ha subito la deturpazione del fascismo e la miserevole brutalità nazista.

Liberare l'anima, la Pasqua, e liberare i corpi, le vite, le città e le persone, il 25 Aprile.

Come si è festeggiato, dunque? Con canti, balli, entusiasmo, pregando, ringraziando Iddio che ogni si vive in una società e in un mondo tutto diverso?

Nemmeno per sogno! Complice la crisi economica (che già molte volte ho ripetuto essere prima una crisi morale e un avvelenamento etico delle nostre società), queste due feste sono state seguite da pochissime persone.

 

Il giorno di Pasqua un Duomo riempito a metà, davanti al vescovo Luciano.

Il 25 Aprile, sotto un meraviglioso sole primaverile, una trentina o forse una quarantina di persone (partecipanti ad una biciclettata) hanno ricordato la famiglia bresciana dei Dalla Volta (Alberto, Guido...), cari amici di Primo Levi ad Auschwitz.

Il resto della popolazione è rimasto, almeno in apparenza, inerte.

 

C'è da dire che la popolazione italiana oggi è una popolazione da nuova epoca, una nuova generazione, grazie a Dio. Si tratta di una popolazione multietnica, multireligiosa e multiculturale e questo è positivo. Quello che è meno positivo è che le varie componenti non si integrino al meglio e che la partecipazione ad eventi comuni, sociali, sia più sentita da altri gruppi che dagli oriundi italiani.

Gli oriundi italiani hanno perso la religiosità, il senso del dovere, il sentimento del bene pubblico e anche il sogno di contribuire ad un mondo migliore.

I sik, ad esempio, invece, hanno rallegrato la città, in questi giorni, con una manifestazione religiosa poderosa, con la distribuzione di opuscoli, con una lunga fila di persone, dal numero notevole, che, vestiti in abiti tradizionali, sfilavano. Prima una botte d'acqua bagnava la strada, poi delle donne a piedi nudi spazzolavano lo stesso manto stradale e infine passava un camion scoperto ai lati con il loro libro sacro. Se aveste visto la gioia di queste persone avreste capito maggiormente ciò che gli Italiani hanno perduto. Considerando, soprattutto, che il Cristianesimo è una religione molto impegnativa ma anche molto soddisfacente.

 

 

Con tutto ciò, sia Pasqua che il 25 Aprile sono state delle giornate piuttosto incolori, ahinoi.

 

Così è strano ciò che mi è capitato. Inquadravo nello smartphone la città quando una signora mi domanda, "Fotografa Brescia?".

"Una così bella giornata..." rispondo, senza molto estro.

"Ehhh, Brescia è una bella città...".

E da lì la signora mi parla un poco di sé, di quel 25 Aprile in cui ella aveva soltanto 18 anni. Il suo sguardo gettato dalla sommità del colle verso i caseggiati antichi, via San Faustino e le montagne occidentali, verso Milano, pareva che già parlasse, dicesse qualcosa di indicibile.

"Molti oggi non sanno che significava essere partigiani. Anzi, dicono che i partigiani hanno assassinato e fatto cose brutte ma non è sempre così...

Io mi ricordo che un giorno ..." e rammentò di quando una famiglia ebraica di tre persone fu fatta scendere dai fascisti nel cortile "per una faccenda", fu imposto loro di precedere i fascisti stessi e fu loro, infine, sparato alle spalle.

"Questi erano i fascisti!" mi disse.

Io ero contento di sentire ancora, per me, quel libro di storia vivente che mi parlava. Sono diventato avaro di questi racconti, anche se ancora non prodigo di riferirli, intanto li immagazzino in qualche luogo dell'anima.

Salutatici distintamente, di fronte a me la città silente.

Il sacrificio di quelli che erano poco più che ragazzi era per me quell'attimo di libertà dolcissima e alta. Somigliava, pensavo, un attimo alla Pasqua di Gesù e al martirio dei primi cristiani, i quali hanno compiuto una storia divina, inermi, vittime su vittime, cambiando la storia solo a prezzo del loro sangue.

Eppure, benché anche molti partigiani esagerarono (specie dopo il 25 Aprile), benché i giovani partigiani sparassero e uccidessero (cosa da sola da far rabbrividire!), benché in quell'epoca nulla c'è stato di umano, è da sottolineare e tenere sempre stretto al cuore il mistico sacrificio della propria vita da parte di tanti ragazzi che coraggiosamente hanno sfidato la violenza barbara e animalesca degli Italiani servi e schiavi, corrotti dal potere, e dei loro amici-nemici invasori, nuovi padroni.

L'onore d'Italia e la libertà che oggi abbiamo (anche se facciamo di tutto, ogni giorno, per perderla o lasciarla calpestare!) derivano da lì. E noi siamo chiamati a scandire bene le sillabe di questa parola LI-BER-Tà, perché giunga alla fine dei tempi con lo stesso appassionato tono di coloro che per primi la invocarono, chiudendo gli occhi, con una pallottola in petto, ricordando i volti cari e passando alla Storia.

Questo giorno è il loro lungo giorno di vita e di memoria.