Vito Lorenzo Dioguardi - Blog

ER NUMMERO UNO

Disce ch’è stato infarto, sor Giuacchino.

Ieri ce morze er primo de la lista

che co’ quer boemo sbarazzino

te faceva svergognà le capolista.

Franco Mancini era ‘n regazzino.

Giocava co’ li piede in de la pista,

tojeva le ragnatele dar camino

e se strasforma ner centrocampista.

Era propio co’ li guanti ‘n Omo Ragno,

era uno che messe a sede l’olandese

e, chissà com’è, beccò dar napoletano.

Quante vorte s’era beccato un bagno

de rimproveri e d’apprausi a fine mese:

era, se po’ dì, er più mejo zemaniano.

Brescia, 31 Marzo 2012

Avevo dieci, unidici anni quando cominciai ad andare allo stadio "Pino Zaccheria" a Viale Ofanto.

Alla Domenica, dopo la Messa mattutina a Sant'Anna, non ci si perdeva mai il Foggia. Presidente un napoletano, Pasquale Casillo, allenatore un boemo, roba che noi non si sapeva nemmeno dove fosse la Boemia, Zdenek Zeman.

L'undici di quel Foggia era così splendido, faceva un calcio- champagne, creava gioco, giocava a viso aperto, non aveva paura di nessuno.

A noi ragazzi ci faceva da esempio, questa cosa qui.

Zeman era severo, ma insegnava tanto, insegnava chiaramente e insegnava tutto.

Che quei quattro disgraziati, nomi anonimi, ragazzi di qualche promessa di serie B e null'altro, con Zeman sono cresciuti nei desideri, nei sogni. E noi con loro.

Tra quell'undici c'era Franco Mancini.

Un portiere che era l' "Uomo Ragno" e il peggiore di tutti. Un portiere che volava tra i pali e che faceva le finte agli attaccanti.

Quante volte ci hai fatto gridare, Franco, e stare con il fiato sospeso.

Anche adesso... Buona partita. Para le nuvole.

SIT TIBI TERRA LEVIS! :-)