III DOMENICA DI AVVENTO
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Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 1,6-8.19-28. Sulla sintonia che pervase il rapporto parentale di Gesù con il cugino, Giovanni, e sulla loro complessa educazione "sacerdotale" pur essendo Giovanni figlio di un levita e Gesù di un falegname, si sono scritti libri e penso proprio che si continuerà a discutere, fratelli! Quello che, invece, del Vangelo di oggi rimane eterno è questo momento: quando Giovanni viene interrogato, "Sei tu il Messia!" e sulla mancata comprensione degli Ebrei dei segni della grazia divina su Giovanni prima e molto più chiaramente su Gesù. Ora, se si conosce la cultura ebraica si capirà che quel popolo va molto per il pratico e poco per il sentimentale all'italiana. Così, davanti all'incalzare delle domande su chi fosse Giovanni e perché battezzasse i Farisei erano molto pratici (e desti!). A parte che la traduzione non è mia e non è delle migliori, ma ve la sottopongo per sottoporvi il problema delle traduzioni, direi che chiedere a Giovanni sei questo, quello o quell'altro rientrasse nel legittimo compito dei capi della religione giudaica. Quando però hanno saputo che "in mezzo a voi" allora, lì, piccati nell'orgoglio, colti dall'invidia più furente, si saranno arrabbiati, immagino. Giovanni conosceva Gesù ma non chi fosse Gesù. Non conosceva il Gesù maestro, Messia, dottore. Conosceva il cugino. Una persona non si impara mai del tutto! Quando la colomba, la voce, il Giordano, allora Giovanni conosce e dice "tra voi...". Immagino la sua sorpresa a sapere che quello che per anni aveva trattato da cugino era il Messia, il Cristo di Dio. Che umiltà, poi, nel lasciargli il testimone. Giovanni era un uomo di Dio, alla sua morte, infatti, il popolo lo "autoproclamerà" profeta, Erode ne ricaverà parecchi incubi e i Farisei, quando Gesù chiese chi fosse il BAttista, non vorranno rispondere.
Amen.
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