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ROSSO RIVOLUZIONE, BIANCO DOLCE AMORE


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ROSSO RIVOLUZIONE, BIANCO DOLCE AMORE

Ai posteri. Si era nell’anno 2011, anno diciassettesimo della dittatura berlusconiana, che noi ragazzi di trent’anni, vita difficile, emigrati in cerca di lavoro, campicchiando alla meglio, senza possibilità di futuro o volontà di sognare, ci si era stufati. Di tutto! Delle chiacchiere dei politici in televisione, delle trasmissioni demenziali, di quello che era diventata l’Italia. Così, forse per gioco, per passione, per decidere ancora con la nostra testa, piuttosto che sentirci dire cosa pensare, come e perché, organizzammo un’associazione politico-culturale. Unica regola, nessuna appartenenza politica. Tra noi persone di sinistra, di destra, di centro. Si aveva un obiettivo comune, la rivoluzione! E le donne, in questo, erano le più agguerrite.

Ogni sera ci si riuniva a casa mia in campagna e si organizzavano manifestazioni prossime, si architettavano strategie e si faceva il punto della situazione.

Ricordo che un giorno, dopo avere distribuito volantini per tutto il tempo in città, i ragazzi erano delusi e tristi, ma quando apparvi con il mio menù rinfrancai tutti: antipasto con cocktail di gamberi e insalata di pesce. Tutti si servivano, quando Luigi stava per compiere un’eresia. – No! Fermo! Luì, il rosato l’ho messo a tavola per dopo, sui gamberetti ho comprato questo bianco aromatico del Friuli, il Niclara, che si sposa benissimo. Luì, Luì, tu vuoi fare la rivoluzione e non sai che il pesce vuole i vini bianchi e la carne i vini rossi? -. Ridemmo. – Nessuna rivoluzione si è fatta senza un ottimo vino!- ripresi.

-         Anzi, per la rivoluzione rivoluzione ci vuole un rosso! – spiegò Laura. – Tu, se domani Berlusconi cadesse, che menù ci prepareresti? -.

-         Beh, misto di formaggi e salumi con un bianco, l’Est Est Est, o un rosso, Bonarda. Spaghetti al sugo d’agnello con una foglia di basilico, la classica bandiera, con dell’Aglianico. Mozzarelle di bufala e pesce spada alla griglia, da bere Cirò. Per l’Asiago, che tu ami, va bene un Valpolicella. Infine pasticcini secchi di mandorla che vogliono una Malvasia. Allora, può cadere sto tiranno? -. - Siiiii! – fu il coro.

-         Ma è davvero così importante abbinare vini e cibo? – mi interrogò Clara.

-         Giudica tu. È come se si volesse fare la rivoluzione ma il capo dice una cosa e il suo popolo ne vuole un’altra. Cosa succederà? Se il capo rispecchia l’anima del suo popolo, allora la rivoluzione è bell’e pronta! -.

Il pranzo, quel giorno, finì che ci scolammo parecchie bottiglie di Grignolino e Vermentino con i tortellini al ragù e di Barbera d’Asti con l’arista di maiale al forno.

Una regola, però, io l’avevo e ci tenevo, essendo un cuoco di professione, (anche se senza lavoro): che se si beveva tanto, uno per macchina rimaneva astemio ogni sera. Quelle cene, per quanto buone, non ci impedirono di impegnarci, ma per seminare che si seminava, se la rivoluzione non arrivava si allargava per lo meno il gruppo di aderenti. Divenimmo ventuno, risultato questo che ci incoraggiò non poco.

Io continuavo a sfornare pranzetti. Si metteva tutto in cassa comune e la spesa era accessibile, se non sempre per un pranzo complicato, almeno per un primo e secondo modesti sempre con un buon vino.

Un giorno Laura mi domanda: - Se io volessi conquistare un ragazzo che da tanto tempo mi piace e che è così scemo che non se ne accorge, che vino gli dovrei regalare? -.

-         Beh, il rosso per la passione, il bianco per l’amore vero. Forse il top è un Lacrima Christi, così hai un eccellente vino e magari una benedizione per questo, che magari si sveglia! -. Laura era molto bella, compativo chi se la lasciava sfuggire.

Il giorno dopo, mandai proprio lei a comprare un Vermentino. Ella tornò, si fissò davanti a me, estrasse una bottiglia di vino, ne versò in due calici, me ne diede uno, annusai:  Lacrima Christi!, pensai poco prima che mi baciasse. Il vino fresco tra le mani e le sue labbra calde sulle mie. Iniziò la nostra rivoluzione.

(13 novembre 2011)