Napolitano e la destituzione del ParlamentoSono rimbalzate su tutti i quotidiani nazionali le dichiarazioni del Presidente della Repubblica Napolitano a proposito della polemica sull'acquisto dei caccia bombardieri F35. Il Presidente ha affermato che il Parlamento non ha diritto di veto rispetto la scelta del governo di acquistare i mezzi militari per la difesa dello Stato e che tale scelta compete al Governo e a non altri. Il fatto è che una mozione del 26 Giugno, votata alle Camere, aveva bloccato l'acquisto oneroso degli aerei. Naturalmente si è scatenata, dopo la scesa in campo di Napolitano, la solita bagarre di commenti, contestazioni, precisazioni e quant'altro. Il punto è che questo è l'ultimo di una serie di atti improvvidi da parte di un rieletto Presidente che passerà alla storia tanto per i molti sospetti non fatto quanto per i colpevoli fatto che hanno sempre provveduto a gelare la democrazia e ogni tentativo di cambiare questo Paese. Tra i non fatto basterebbe ricordare la recente non presa di posizione perché venisse rispettata la sentenza di I grado che ha condannato Silvio Berlusconi all'abbandono a vita di ogni carica pubblica; tra i fatto ci sono almeno lo stralcio delle intercettazioni telefoniche tra lo stesso Napolitano e l'allora ministro degli Interni Mancino in merito alla trattativa Stato-mafia, la difesa in ogni modo dello status quo (nei privilegi - mai toccati, dei Parlamentari e in genere della casta) e in quest'ultima, diremmo alquanto spregiudicata, lezioni di democrazia. Dopo le tante volte in cui ha detto che il Parlamento è sovrano, che egli non ha mai potuto niente davanti alle deliberazioni delle Camere i cui componenti sono liberamente eletti dai cittadini di questo Paese, adesso ci viene a dire che il Parlamento non decide? Per fortuna siamo nell'era informatica e le tante idiosincrasie tra dichiarazioni, smentite e conferme, si possono benissimamente smascherare, ma dire questo è davvero troppo. Pure, come si fa a stabilire se ha ragione Napolitano o il Parlamento? Semplice, prendiamo le leggi, le quali, sebbene siano ingiuste e frutto della non elaborazione di un mucchio di ignoranti di prim'ordine, pure si devono tutte rifare alla legge delle leggi, quella Costuituzione fatta in altro tempo, da uomini di tuttaltro spessore morale e civile. Cosa dice la Costituzione? L'articolo 87 della Costituzione della Repubblica Italiana sancisce che è il Presidente della Repubblica ad avere il comando delle forze armate. "Ha il comando delle forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere". In virtù, poi, della legge del 15 Marzo 2010 pare che il Consiglio supremo della Difesa decida o meno sull'acquisto di questi mezzi militari. Dunque, la legge è legge. Vorrà dire che all'ingiusto, corrotto, corruttore, ignobile, vile Giorgio Napolitano verrà imputato anche questo: l'avere preferito l'acquisto (INUTILE) di questi caccia all'utilizzazione di questi miliardi per fare ripartire l'economia italiana al collasso, la dilagante disoccupazione, il futuro di giovani costretti ad emigrare eccetera... Se un Consiglio supremo di Difesa vale più del Parlamento, se il Parlamento non ha l'ultima parola, in che democrazia viviamo? In una non democrazia vestita da democrazia! Dunque, a Giorgio Napolitano, capo della Repubblica per tanti anni, la Storia imputerà anche questo: l'avere divelto le ultime speranze di costruire una vera democrazia in un Paese, l'Italia, che democratica non lo è stata mai, o quasi mai!
Ad iudicio historia! Ultimo aggiornamento (Giovedì 04 Luglio 2013 10:43) |
FoggiaTreccani, l'enciclopedia italianaFoggiaEnciclopedie on line Foggia Comune della Puglia (di 505,9 km2 con 153.469 ab. nel 2008) capoluogo di provincia, a 76 m s.l.m. al centro del Tavoliere. Pur avendo svolto a lungo le funzioni tipiche della grande borgata rurale nei confronti di un territorio privo di ostacoli naturali e attraversato da vie di comunicazione su di essa convergenti, F. presenta una struttura urbanistica composita, con planimetria solo in parte radiocentrica Foggia ha una storia intensa e drammatica alle sue spalle e un presente che la consegna al silenzio della Storia e al rombo della violenza.
Ultimo aggiornamento (Venerdì 13 Settembre 2013 05:38) AnxurusTreccani, l'enciclopedia italianaAnxurusEnciclopedia dell' Arte Antica ANXURUS, Iuppiter (anche Anxur e Axur). - Nome dato a Giove per il culto particolare che gli era tributato, insieme alla divinità locale Feronia, nella citta di Anxur, oggi Terracina (Verg., Aen., vii, 5, 799). Il tempio era situato in posizione dominante su un monte, in vista del mare e della strada (via Appia) che vi saliva prima del taglio traianeo. Vi si conservava la statua di culto Leggi tutto |
La lingua italiana del nuovo millennio
L'Italia ha una storia tutta particolare, anzi unica. Eccezione storica e sociale, è stata tuttavia per millenni faro della morale (interpretata più o meno dignitosamente) e letteraria. Pure, e qui sta parte della sua meravigliosa e strepitosa miracolosità, è stata faro letterario senza avere una lingua, ovvero, si dirà meglio, avendo una lingua non lingua, tante lingue dialettali che, per conversare, usavano un'unica lingua, il fiorentino. Che la lingua, ogni lingua, sia un fenomeno comunicativo in continua evoluzione è un'ovvietà su cui non rimango. Che la lingua italiana sia cambiata nel corso dei millenni, è ripetitivo dirlo. Però, che i cambiamenti avvenuti duemila anni fa siano diversi dai cambiamenti di oggi è un fatto dal quale, secondo me, non si può prescindere. Per secoli, si diceva, i pugliesi colti per comunicare con i liguri andarono sostituendo pian piano il toscano al latino e questo perché il toscano (e fiorentino) era una delle tante lingue italiche ma la lingua più prestigiosa (le Tre corone, i novellieri del Tre-Quattrocento, la politica culturale medicea ecc...). In questo crescere del toscano sopra tutte le altre lingue e nella naturalità di una scelta linguistica che ha fatto perdere, nell'uso, tali espressioni piuttosto che altre, ebbene si capirà come anche nei mutamenti c'era una certa razionalità, anche solo il sentire troppo aureo un termine piuttosto che un altro.
Cosa sta avvenendo, invece, in questo periodo? Che la lingua italiana sta, pian piano, scivolando in un abuso della regola grammaticale che è dato per parte dall'ignoranza dei parlanti, dalla disaffezione per la lettura (e in compenso una troppa folta febre scritturale) e in definitiva è un cavallo imbizzarrita di cui non si tengono le briglie. E questo senza considerare le abbreviazioni del gergo giovanile che, in quanto gergo, non diverranno mai lingua, ma proprio nel lassismo linguistico che cerca di fare regola l'abuso della regola. Un esempio è l'uso del pronome personale oggetto lui/lei in funzione di pronome personale soggetto (che dovrebbero, da norma, essere egli/ella). Ultimo aggiornamento (Mercoledì 12 Giugno 2013 13:18) Gli stili antichi e gli stili moderniDisgraziatamente l'arte e lo studio son cose oramai ignote e sbandite dalla professione di scriver libri. Lo stile non è piùoggetto di pensiero alcuno. Paragonate ora e le stampe dei secoli passati, e gli stili di quei libri così modestamente, cosìumilmente, e spesso (vilmente, abbiettamente) poveramente impressi; colle stampe e gli stili moderni. Il risultato diquesta comparazione sarà che gli stili antichi e le stampe moderne paion fatte per la posterità e per l'eternità; gli stili moderni e le stampe antiche, per il momento, e quasi per il bisogno.
Aggiungo, anche se aggiungere ad una simile analisi risulterà in qualche modo pleonastico e banale insieme, che l'editoria italiana ha venduto a ragioni di mercato non solo il libro-merce con superofferte speciali (ma partendo da costi unitari per libro molto alti, il che è la più antidemocratica delle restaurazioni) ma anche i contenuti, sdoganati dal perbenismo borghese, come giusto, allontanati dalla dittatura delle forme e da una certa patina di ipocrisia che l'ammantava, come era auspicabile, cosa è stata per anni l'editoria italiana se non un correre dietro alle mode del momento il più possibile ripudiando il passato. Cosicché per colpire il moralismo s'è annullata la morale, per schiantare l'etica perbenista s'è dissipato il concetto di etica, per annullare la definizione di Amore s'è detto che Amore è una cosa personalissima e che compete al soggetto X e Y scegliere cosa sia per lui Morale, Etica e Amore, quand'anche voglia cercarne una risposta. Il che, mi si permetterà, è una bestemmia filosofica! Così, venduti contenuti osceni, provocatori, triviali, volgari, la cultura italiana e l'editoria italiana sono state vinte, si sono soggiogate, hanno taciuto (il che rende uno spostamente semantico profondo da cultura a relativismo individualista). Alla fine, dunque, entrando in libreria e trovando migliaia di titoli, tutti uguali, tutti simili, tutti legati al momento e all'attimo, cosa si determina? Il nulla nelle menti della gente, il loro muoversi in orizzonti tanto vasti da perdersi. E tutto questo è stato battezzato dal termine libertà, il quale principio, Libertà!, si noterà che io scrivo in maiuscolo perché è un valore così grande, puro, vero, autentico, cardinale e indispensabile che non può e non deve essere così assassinato dalla politica editoriale e autoriale di oggi. Eppure lo è. Esaltando la libertà del mondo di oggi, dell'Italia di oggi, in realtà si provoca l'appannamento, l'abbaglio, il non sapere definire bene e chiaramente cosa sia Libertà. E così editoria, letteratura, cultura ecc...
Così si ritorni alla definizione di partenza, vecchia di 186 anni. A scriverla non uno scritturucolo, ma un grandissimo della letteratura italiana, un genio in spirito e una penna eccelsa e fantasmagorica tale che in ogni angolo della terra è volata la sua voce. Nel suo piccolo paese, il 2 Aprile 1827 scriveva questa riflessione nel suo Zibaldone, Giacomo Leopardi. E dobbiamo dire, ahinoi, che era quasi una profezia! |
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