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Gli Americani e l'attitudine alle armiL'America è nata come una colonia inglese e come colonia ha dovuto/voluto difendersi dagli assalti dei nemici (Fra -India - Spag, Inglesi fedeli alla madrepatria ecc...). Dunque, nel carattere americano ci sono la frontiera, il West, l'avventura e le armi. Troppe volte le armi hanno segnato la Storia e le storie della povera gente. Oggi, con molta tristezza, apprendiamo di una nuova ennesima strage. Purtroppo non la prima, purtroppo non l'ultima. Una lunga serie di stragi "personali", di civili contro civili, ha insaguinato i 50 Stati. Il Massacro di Columbine (1999), il Virginia Polytechnic Institute (2007), fino agli ultimi, la sparatoria di Tucson (2011) e il massacro di Aurora (2012).
Ricordo di Bowling for Columbine (2002) di Micheal Moore che già denunciava l'incredibile legislazione americana che fa proliferare le armi con un'estremità assoluta. E i ragazzi con delle armi si sentono quello che non sono. I ragazzi notoriamente sono arrabbiati, ma lasciare che sfoghino la rabbia con le armi cosa diventa l'America? Un set cinematografico di stragi e crimini a cielo aperto. Altro discorso pregnante meriterebbe il ruolo educativo all'interno della nostra società. Ogni civiltà ha dato grande importanza all'educazione, la nostra ne dà poca (rispetto al grado di conoscenza che abbiamo). Voglio dire che in tv c'è troppa violenza, i videogiochi, i gialli, gli assassinii, tutto è troppo violento in una società che avrebbe la possibilità di instaurare realmente saldi criteri di pace e di comprensione reciproca. Credo che tutti possano essere tristi ma spero che gli amici americani riflettano sulla propria attitudine alle armi e si rispondano che le armi dovrebbero essere abolite, sparire dalla faccia della Terra!
Oggi si piangono più di una trentina di vittime ed è giusto piangerli. Ma domani? Non so cosa sarà mai il mondo tra cento anni, l'unica cosa che so è che questo continuo stillicidio di persone innocenti è l'illusoria vittoria di un gesto criminale che non ha giustificazioni. E dopo le armi, perché non preveniamo i crimini, dicendo ai criminali quanta salvezza c'è nell'amore e nell'aiuto fraterno reciproco? Oggi, da questa notizia, da queste notizie, l'umanità trova la conferma che l'amore è la ragione della vita. Non altro. E l'amore noi tutti cercheremo per le nostre vite e per le vite di quanti incontreremo. |
Riflessioni sulla fine del mondoLa fine del mondo è un tema che affascina l'uomo da sempre e questa non è una novità. D'altronde non è nuovo il fatto nemmeno che puntualmente, ogni qual volta la si annuncia ci sono coloro che ci credono (ingenui) e coloro che bestemmiano sulla falsità delle religioni (ignoranti). Non so quali delle due categorie sia più deleterea. Facciamo un passo indietro. L'uomo ha nel suo animo questa "propensione all'indagine sul dopo" che sia la morte, che sia la morte dell'umanità (fine del mondo). L'avevano i popoli antichi, l'ha il messaggio escatologico dei Vangeli, l'hanno i carlatani, i ciarlieri, i timorosi o i saccenti... Il rapporto con la morte personale non è il caso affrontarla ora, ma il caso della morte generale, questo sì. Perché? Perché è d'attualità (in realtà dall'inizio di quest'anno, se non prima) la cosiddetta "profezia dei Maya". I Maya, la popolazione preazteca dell'America centrale, che aveva diverse virtù, tra cui quella di divinare sulle cose future, nel loro libro sacro avrebbero scritto che la fine del mondo sarebbe corsa in quest'epoca; fatti due conti e trasmutato il calcolo del loro tempo col nostro dovrebbe essere il 21 Dicembre 2012. Come al solito si sono scritti libri (libracci dico io!), si sono eseguiti servizi giornalisti e si sono girati addirittura film su tale argomento. Nell'idea generale, o almeno in quella uscita dalla penna romanzesca di chi ha diffuso questa notizia e mosso queste voci, ci sarebbero una serie di catastrofi naturali che spazzerebbero via l'umanità. Ironie, panico, sentimenti misti, il primo dei quali indifferenza, hanno saluta l'annuncio di questa notizia. Nel corso dei mesi, si è detto che i Maya non avrebbero profetato proprio la fine del mondo ma una rigenerazione, una rivoluzione che avverebbe proprio in tale data. Fermo restando quello che pensa il popolino e quello che non pensano i potenti, posso dirvi cosa credo io della vicenda. Montatura, per fare soldi. Di solito si solleticano le paure del popolo per battere cassa. Così in Siberia si vendevano kit di sopravvivenza alla fine del mondo (nel Tg1 di qualche giorno fa). Alcune considerazioni: A) Innanzitutto per me i Maya aveva berlumi di verità ma non la verità. Per me la Verità è la Parola di Gesù di Nazareth, il Cristo, il Figlio di Dio, il quale ha detto che alla fine dei tempi si sarebbe visto il Figlio dell'uomo venire sulle nubi ma, ai discepoli che volevano sapere con insistenza "quando avverranno queste cose" disse di avere fede e che solo il Padre sa il giorno. B) Nella storia abbiamo avuto periodi di grande attesa della fine del mondo: nel primo Cristianesimo, nell'Anno Mille, persino nel Duemila (si profetava anche lo spegnimento simultaneo degli apparecchi elettronici causa una insondabile causa di forza maggiore). Inutile dire che ogni volta fu la paura, ma la fine del mondo non arrivò. Stava per arrivare davvero la fine del mondo quando meno la gente se lo aspettava: con due guerre mondiali e durante la Guerra Fredda). C) L'uomo che stupidamente uccide e si arricchisce e sperpera e spreca non si rende conto che davanti ai grandi fenomeni della natura, la cui potenza non è ancora stata minimamente ridotta, egli non può nulla. Davanti all'uragano Kathrina o Sandy o allo tsunami non si può ancora fare nulla! La Natura è molto potente e potrebbe distruggere l'umanità anche domani!!! Se non accade (ancora), cosa significa? Cosa credo: che la fine del mondo sia una questione innanzitutto personale e che l'Apocalisse arrivi con il Giudizio di Dio alla fine della vita di ognuno di noi. Penso anche la l'Apocalisse generale verrà ma quando meno ce lo si potrà aspettare. La storiografia moderna, sconfinatezza e limitiQuando si parla di storiografia moderna molte volte il pensiero corre necessariamente al 1929, alla Francia. Quell'anno, infatti, Marc Bloch e Lucien Febvre fondano la rivista Annales d'histoire economique et sociale. Presto Henri Pirenne si unirà a loro. La scuola degli Annales è a giusta ragione famosa e apprezzata perché, in quel momento storico, rappresentò un passo in avanti fondamentale per quella materia (la Storia) che cominciava ad essere trattata con dignità e persino con rigore scientifico. Gli Annales esigevano che lo storico affiancasse alle date e agli eventi, ai personaggi e alle informazioni note l'esperienza di altre scienze sociali che intanto o si erano affinate o si erano prepotentemente affacciate all'orizzonte culturale del secolo. La Storia era anche Sociologia, Antropologia, Geografia, Giurisdizionalismo, Etnologia, Psicologia... La Storia è il risultato complesso di un complesso di fattori che la formano e determinano. Così, con questa novità enorme, i contributi storici si arricchiscono di nuovi, interessantissimi e validissimi campi d'indagine. Ai re e alle regine e agli imperatori e ai Papi si sostituiscono (o meglio dovremmo dire si affiancano, perché i personaggi maiuscoli restano indispensabile riferimento storico) banchieri, artigiani, mercanti, guerrieri e santi minori. Tutto ciò che nel passato del passato era stato lasciato al margine veniva, con gli Annales, riproposto al centro dell'attenzione degli studiosi. Addirittura vaste zone incontaminate e ignote venivano indagate, ora, con fervore. Per questo nascono grandi libri di storia (i testi sono elencati a seconda dell'anno di prima edizione): 1924 - I re taumaturghi (M. Bloch) 1928 - Un destin, Martin Luther (L. Febvre) 1936 - Histoire de l'Europe des invasions au XVIe siècle -(H. Pirenne) 1937 - Maometto e Carlo Magno (H. Pirenne) 1949 - Apologia della storia (postumo, M. Bloch) 1949 - Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II (F. Braudel) 1956 - Mercanti e banchieri nel Medioevo (J. Le Goff) 1957 - Gli intellettuali nel Medioevo (J. Le Goff) 1958 - La venuta del libro: impatto della stampa 1450-1800 (L.Febvre) 1964 - La civiltà dell'Occidente medievale (J. Le Goff) 1975 - Guerrieri e contadini nel Medioevo (G. Duby) 1979 - Civiltà materiale, economia e capitalismo (F. Braudel) 1980 - Lo specchio del feudalesimo. Sacerdoti, guerrieri e lavoratori (G. Duby) 1981 - Il cavaliere, la donna, il prete (G.Duby) 1981 - La nascita del Purgatorio (J. Le Goff) 1986 - La borsa e la vita: dall'usuraio al banchiere (J. Le Goff) 1995 - San Luigi (J. Le Goff) 1999 - San Francesco (J.Le Goff) 2003 - Una storia del corpo nel Medioevo (J. Le Goff) 2004 - Un lungo Medioevo (J. Le Goff)
Tutti questi autori sono stati preziosi per la riscoperta, come si diceva, di questi personaggi minori che la precedente indagine escludeva. La Storia, fino all'inizio del XX secolo, era quella dei vinti, gli Annales hanno dato voce ai vinti. Altra importante scoperta sono fenomeni psicologici, aspetti percettivi, simbolegie e mentalità del Medioevo (come la taumaturgia, il rapporto con il proprio e l'altrui corpo...). Insomma, la scuola degli Annales ha liberato la Storia dall'etichetta di serva del potere e l'ha aperta al dialogo con le altre Scienze sociali. Il successo del suo apporto alla conoscenza storica attuale è e rimarrà ineludibile. A questa "sconfinatezza", a questo mondo aperto davanti agli storici delle nuove generazioni, fanno da contrappasso i limiti evidenziati dalla ricerca degli stessi Annales. Questi limiti si prestano a critiche doverose. Primo: Le Goff parla di "lungo Medioevo", escludendo che la pure importante scoperta dell'America abbia cambiato gli istituti economici, sociali, politici e cognitivi non sono stati "rivoluzionati" da tale evento. Le Goff afferma che il Medioevo aveva già avuto delle "rivoluzioni" simili a quelle della scoperta dell'America (Carlo Magno, il XII secolo, la stampa) e ne avrà ancora altre successivamente (la Riforma) ma nessuna di queste ha cambiato gli assetti principali della società occidentale. Almeno per Le Goff. Quando Le Goff afferma questo è convinto di non sapere che presto, in pochi anni, il Mediterraneo perderà molti dei suoi commerci, destinando ad un duro declino le città marinare italiane? Forse è convinto che la geografia mondiale, con le esplorazioni, cambia radicalmente? Ha forse la percezione di ciò che ha significato l'America in termini di possibile riscatto per avventuriere, missionari o piccoli e mediocri soldatini quali un Cortes? Se questa rivoluzione non ha cambiato la Storia... Si potrebbe certo continuare citando i nuovi e sconosciuti prodotti giunti in Europa (che segnano anche una nuova e diversa programmazione colturale) o gli indigeni schiavizzati e portati nel Vecchio continente o l'interesse al predominio dei mari e la costituzione e diffusione della pirateria. Sembra che Le Goff, quando affermi e teorizzi il "lungo Medioevo", che addirittura partirebbe dal V secolo per arrivare al XVIII, non tenga in considerazione tutti questi aspetti. E, a mio giudizio, sbaglia.
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29 Novembre 2012: L'Onu riconosce la Palestina come stato osservatoreIeri, 29 Novembre 2012, al Palazzo di Vetro di NY, l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha riconosciuto la Palestina come "stato osservatore non membro". La discussione è stata serrata, tra gli oppositori a questa decisione ci sono stati gli Usa e Israele. L'Italia, fino a poche ore prima avrebbe dovuto "astenersi" (come al solito), mentre invece il governo italiano, in un sussulto di coscienza ha risposto (stranamente) in modo autonomo e coraggioso per il Sì. Alla fine, con 138 Si, 9 No e 41 Astenuti il riconoscimento è avvenuto. La telegrafica notizia sul Corriere della Sera
Cosa significa essere stato osservato non membro dell'Onu? Perché è così importante? Perché si potrebbe addirittura segnare questa data come quella della nascita della Palestina? 1) Essere stato osservatore non membro dell'Onu (come lo è il Vaticano) significa avere il diritto di partecipare alle riunioni dell'Onu, dell'Organizzazione mondiale della sanità, dell'Unicef e di tutte le agenzie che all'Onu fanno capo. 2) Essere stato osservatore non membro dell'Onu significa potersi appellare alla Corte Internazionale dell'Aja contro i crimini di guerra. 3) Essere stato osservatore non membro dell'Onu, soprattutto, vuol dire che le nazioni del mondo "riconoscono" la Palestina come un popolo in un proprio lembo di terra e con ciò riconoscono ai Palestinesi i diritti/doveri di qualsiasi Stato del mondo.
Perché USA e Israele erano contrari, allora? Perché la pace, si dice, è più lontana! Io rispondo, però, non c'è pace dove non c'è diritto, se non c'è visibilità delle condizioni sociali e personali di persone innocenti, quando un popolo non ha voce... Non si può pensare ad una pace lasciando lo status quo, soprattutto lasciando che l'egemonia di un Paese sia così tanto autorevole sulla vita e le decisioni dell'altro.
Alcune considerazioni su questo "storico" voto, però, vanno fatte: A) L'Europa, Premio Nobel per la Pace 2012, ha lasciato ad ogni Stato il proprio voto e non ha votato unanimemente. Segno chiaro che la Pace le è un concetto personalissimo. D'altronde è la stessa Europa che sta a guardare come vanno le cose in Egitto, Nigeria o Siria... Nihil sub sole novi... B) Si dice che il riconoscimento della Palestina a stato osservatore non membro abbia premiato il coraggio politico dei moderati e del Presidente Abbas di contro togliendo prestigio a quella sempre forte ragione politica di Hamas e dei terroristi (ove si intenda per terroristi la fazione politica estremista che usa la violenza, lancia bombe e razzi su Israele e vorrebbe che lo stesso Israele sparisse dalle carte geografiche). Io credo che l'Onu, l'Europa, gli Stati Uniti e tutti NON possano e NON debbano dare l'impressione di votare una tale risoluzione semplicemente per frenare il pericolo di Hamas perché così facendo ad Hamas stesso si dimostra codardia e le si attribuisce un ruolo di primo piano che in realtà non ha. Fermo restando che molti Stati hanno votato per coscienza, anche la più piccola ombra della "paura" di una plebiscitaria adesione all'estremismo NON deve scalfire la decisione assunta sacrosantamente dall'Onu. Spero che in tal senso i governi e l'Onu stesso si esprimano. E in questo, Israle e Stati Uniti, a mio parere, hanno ragione. C) Non si può adesso entrare e uscire da Gaza con facilità, né tenere sotto sopruso quel popolo palestinese da me conosciuto. Però bisognerà lavorare per la soluzione da molti avanzata dei "due popoli-due Stati" anche se l'utopia del mio animo sognerebbe ancora una "miracolosa" soluzione terzomillenaria di "due popoli-uno Stato". Ora che la Palestina è tutelata dall'Onu non può e non deve concedere spazio a estremismi. Ora che la Palestina è tutelata dall'Onu non si può lasciare il governo israeliano ai "falchi della guerra". Deve (dovrebbe), in altre parole, iniziare da oggi un percorso di rinnovamento delle leadership di entrambe le nazioni e un percorso teologico-culturale che porti a considerare come il conflitto che dura dal 1947 ha provocato l'impoverimento della regione e che, invece, le autonomie politiche che dialogassero e commerciassero tra loro arricchirebbero di molto la regione stessa e produrrebbero un notevole aumento degli standard di vita (in città ad oggi poverissime) e dalla pace si godrebbe a tutti i livelli. D) Tra poco meno di due mesi in Israele si vota: sarà un passaggio difficile, perché anche lì si rischia un'estremizzazione delle posizioni. Israele e non può e non deve permetterlo!
Dunque, per il voto di ieri è giusto felicitare assiema al popolo palestinese e ai popoli arabo-musulmani tutti. Questo riconoscimento prolunga la Primavera araba, ad oggi, annacquata e troppo insanguinata (tra silenzi colpevoli). Pure dobbiamo essere uniti e convinti che questo dovrà produrre non nuova guerra ma ragioni di pace e sicurezza per Israele e per la Palestina. Adesso che Israele non parla più ad una Palestina supina, ma che si guarderanno all'altezza degli occhi, bisognerà trovare mediatori veri e credibili che affianchino gli Stati Uniti d'America. L'Europa deve ridestarsi!
Adesso che si aprono scenari nuovi, bisogna rinnovare i cuori e le preghiere.
Se due Stati innamorati della religione e della Parola di Dio rileggessero i propri libri, Bibbia e Corano, e valutassero che Dio chiede PACE! capirebbero quale sentiero prendere. Insieme. Signore del cielo, proteggi questa nuova umanità che tanto difficilmente si scrolla di dosso l'animalità che la anima e così poco spesso cerca luce tra le tenebre. Se Tu, Dio Padre, rischiari i nostri cuori e le nostre menti, da una terra così tanto magica, così tanto insanguinata e che a Te grida Giustizia, oggi, non nasceranno le spighe con le quali festeggeremo la Pace tra i Popoli? Amen.
SITO UFFICIALE DELL'ONU Dà LA NOTIZIA
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Yesterday, November 29, 2012, at UN Headquarters in NY, the United Nations has recognized Palestine as a "non-member observer state." Il voto di Italia bene comuneAmerica magistra est. Dal grande spettacolo mediatico americano, che intreccia aspetti socio- economico-psicologici dell'antica Roma e delle moderne tecnologie, l'Italia prende esempio. Così nascono le "primarie", le elezioni all'interno di una coalizione (o di un partito) per scegliere un unico cavallo, un unico candidato e così non disperdere voti. L'affluenza, tutti l'hanno detto, è stata alta e ribalta il dato siciliano di qualche settimana or sono, ove il primo partito (quello del movimento grillino) aveva vinto tra le macerie dell'astensionismo. Invece gli elettori (e non) di centrosinistra hanno plaudito all'iniziativa in modo così clamoroso da far ritenere che le primarie diventeranno un'abitudine democratica e forse spingeranno persino il centrodestra a farle. Resta un aspetto ancora vergognoso di tutta questa "festa" del voto. L'aspetto, forse insignificante, forse no, dei due euro per votare. Se facciamo due conti, la Rai afferma che il costo per seggi e scrutatori si aggirerebbe, per il centrosinistra, attorno al milione e mezzo di euro. 2 euro a votante per 4 milioni di votanti fanno invece un incasso di 8 mln di euro! Ora, al netto del grande guadagno, di quei soldi cosa ne sarà? Aspetteranno il prossimo Lusi? Quanto bene farebbe quei soldi a un negozietto di una provincia sperduta della Basilicata o a un'azienda del profondo Friuli? Dico: cosa se ne farà?
Per analizzare il voto, invece, diremo che il vincitore è Renzi, il quale giovane e inesperto gareggia alla pari con il segretario del Pd in carica Bersani. Certo è che il primo turno, a mio giudizio, non è mai indicativo e i giornalisti che chiedono al segretario se si ritiene infelice di non essere passato al primo turno denunciano una incapacità di analisi preoccupante. Cinque candidati e il voto si frammenta, per forza. Piuttosto io affermo che il vincitore del primo turno è in realtà Renzi perché è un nuovo che è stato superato solo dall'8% dei voti! Ora, il peso reale della novità di Renzi o del conservatorismo di Bersani lo darà il secondo turno, quando chi ha votato Vendola (anche per lui un risultato da me inaspettato) dovrà schierarsi. E l'11% del pugliese farà la differenza.
Perché votare? Per il sacrificio storico, personale e comunitario, che il popolo italiano ha sofferto per la democrazia (per quanto oggi sia imperfetta!). Perché votare: per evitare l'ennesima beffa del ritorno del "superoe" che da vent'anni fa sfaceli e scandali, che ha rovinato questo Paese più di quanto non lo abbiano fatto la Dc e il Psi e che si appresterebbe ad un ritorno che pure io per metà auspico non si avveri, pure per metà auspico che si avveri perché il popolo italiano avrebbe così la possibilità di infliggere una storica sconfitta al suo populismo da strapazzo e al suo istrionismo vaneggiatore.
Il centrosinistra di Bersani, quindi, sarebbe un conservatorismo di sinistra migliore dello scempio di destra. Il meglio sarebbe la novità rappresentata dal sindaco di Firenze. Vedremo...
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